INTERVISTA | Marta De Lluvia: La “partita vera” della vita si gioca dentro

E’ uscito recentemente su tutte le piattaforme digitali e su cd, La festa che non c’era, secondo album in studio di Marta De Lluvia. Blog della Musica ha incontrato la cantautrice e poetessa recanatese Marta De Lluvia per una chiacchierata tra musica, poesia e felicità (che non ha nulla a che fare con il “successo”).

Dopo Grano (Orange Home Records, in cinquina alle Targhe Tenco 2019 come “Miglior Opera Prima”) Marta De Lluvia torna a far sentire la sua voce con un lavoro interamente autoprodotto, cui hanno preso parte due arrangiatori e numerosi musicisti di ambiente romano. La produzione artistica e gli arrangiamenti sono di Edoardo Petretti, con Federico Ferrandina agli arrangiamenti e alla direzione degli archi.

Da poetessa e cantautrice, Marta De Lluvia può dirci la sua sull’annosa questione del rapporto tra canzone d’autore e poesia?

La canzone e la poesia un tempo erano la stessa cosa, e proprio questo loro essere intrinsecamente “abbracciate” rende difficile e doloroso (per me) dividerle. Si può osservare nella pratica che cosa siano oggi canzone e poesia. Trovo che la canzone sia una versione più distesa, meno densa della poesia a livello di linguaggio. Anche la musica parla e vuole parlare, perciò il testo deve sciogliersi, dialogare con la musica, in una canzone. La poesia, per come la intendo io, è più diretta e crudele, concentrata e appuntita. Forse parlerei di “testo poetico, a ispirazione poetica” (per la canzone d’autore) versus “poesia”, per parlare della poesia e della canzone d’autore che esistono oggi.

A proposito del brano “Un centimetro al mese”, contenuto nel suo ultimo album, “La festa che non c’era”, ha dichiarato: «Una crescita incontrollata, incontrollabile, forzata, verso il successo (qualsiasi cosa significhi): la società propone questo, e illude che questa sia la strada da seguire». Cos’è per lei, concretamente, il successo? Mettere da parte le ambizioni è davvero- come sembra suggerire il brano- la sua scelta di vita?

Volutamente, nel passo che lei cita, non ho definito il successo, perché credo sia un concetto fuorviante. Di ambizioni ne ho a milioni, le perseguo, le abito, ma non mi faccio abitare da loro. Vivo, come tutti, molte frustrazioni specialmente in campo artistico, ma non mi definiscono come persona o “artista”. Che cos’è che alla fine del giorno decreta (e probabilmente alla fine dei miei giorni mi decreterà) la mia riuscita? Se e come ci sono stata per gli altri, se e come ci sono stata per me. Io non rinuncio, anzi desidero fortemente moltissime cose fuori di me, ma so che la “partita vera” della vita si gioca dentro.

Si è mai sentita, prendendo in prestito il titolo di una sua canzone, una “malerba”?

Assolutamente sì, e a giorni alterni mi ci sento sempre. Credo che sia un’esperienza condivisa da molti, se non da tutti in alcune fasi della vita e in una società basata sul confronto. Dipende sempre dal pensiero che invece dovremmo essere fiori splendenti e apprezzati da tutti. Ma la verità è che nessuno sceglie come essere, e va bene così. Anche la malerba può far “fiorire l’asfalto, fermarsi dentro al mondo (mettere radici)”. La vita è grande, c’è posto per tutti.

Ci sono delle suggestioni letterarie che hanno influenzato la gestazione de “La festa che non c’era”?

Così tante e dilazionate nel tempo, ormai strutturate nella mia formazione, che non saprei quali ormai. Forse nessuna direttamente.

Ascolta il disco di Marta De Lluvia

Che ha sul comodino Marta De Lluvia?

Agota Kristof, “Chiodi”.

Spesso viene denunciata la condizione di “sommersione” della canzone d’autore al femminile. Quali sono, a suo avviso, le ragioni di questa discriminazione? C’è una via per un ribaltamento della situazione?

Per un ribaltamento, no, perché la questione è ampia e riguarda tutta la nostra cultura. Per un cambiamento graduale, sì. Il mondo della musica e della critica si riempie sempre più di donne. Le cantautrici si uniscono in realtà di varie dimensioni, iniziamo davvero a comunicare, talvolta collaborare tra noi, ad aiutarci. Le donne della musica oggi sentono la responsabilità storica e sociale di crearsi e creare spazio, per tutte. Ne sto incontrando tante, e sono infinitamente grata. Mancano ancora produttrici donne, donne che abbiano anche il potere economico di prendere decisioni, di sostenere artiste.

Come ha influito la maternità sul suo lavoro di cantautrice?

Diventare madre ha scatenato in me la voglia di essere felice. La felicità è diventata, di colpo, qualcosa di non negoziabile. Ho smesso di avere paura e ho preso in mano, ad esempio, il mio secondo disco (e molte altre cose nella mia vita). Mi ha liberata da me stessa, in un certo senso, mi ha fatto sentire quanto tutto sia importante e sacro (in particolare per me scrivere ed essere quel che sono a livello creativo ed espressivo, fare tutti i passi necessari) e allo stesso tempo privo di importanza assoluta. Mi ha insegnato la sovranità della vita – e dell’amore – su tutto il resto.

Si sente una “cittadina del mondo”?

Mi sento certamente una cittadina d’Europa. Ho “sorelle” e “fratelli” in varie parti del mondo, ma tutti veniamo da situazioni fortunate e da questo continente. Posso anche sentirmi “cittadina del mondo” nello spirito, ma devo tener conto del privilegio che ho: il mondo che ho conosciuto bene è una minima parte di quello vero.

Tra i poeti contemporanei c’è una voce che Marta De Lluvia apprezza particolarmente?

Ho tante lacune da colmare, perché negli ultimi anni ho letto pochissimo. Apprezzo molto Chandra Livia Candiani. Mi commuove la sua fede nella parole e il silenzio che riesce a portare in ciò che scrive.

La collega con la quale vorrebbe dividere il palco?

Una sola? Le dico tre nomi, nell’ordine in cui mi sono venuti in mente. Cristina Nico, Cristina Donà, Alice.

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