INTERVISTA | Massimo Giuntoli: compositore e performer debitore a Zappa

Il compositore Massimo Giuntoli attivo sin dalla fine degli anni ’70, Creativo urbano e artista multimediale, ha realizzato nel corso degli anni numerosi dischi e progetti. Lo abbiamo intervistato…

Diamo il benvenuto a Massimo Giuntoli su Blog della Musica. In poche righe ti puoi presentare ai nostri lettori?
Ho iniziato a fare musica dalla fine degli anni ’70, prevalentemente scrivendo musica di cui sono sempre stato esecutore in prima persona. Suono prevalentemente il pianoforte, le tastiere e, da qualche anno a questa parte, sto sperimentando l’uso della voce.

Mi incuriosisce molto la definizione di “creativo urbano” e “artista multimediale” che ho letto nella tua biografia. Di cosa si tratta esattamente?
Per circa una decina d’anni ho affiancato all’attività musicale una vera e propria “avventura professionale” come progettista di spazi urbani, di public art e di elementi di arredo urbano, pur non avendo compiuto studi specifici a riguardo. Perseguendo una visione d’insieme intesa ad immaginare una sorta di “città ideale”, ricca di spazi accoglienti, di elementi di stimolo, di attività culturali e artistiche – musica e suono “spazializzato” in primis – e non ultima, caratterizzata da una mobilità sostenibile (con particolare riferimento alla mobilità ciclabile).

Quanto alla multimedialità, nel mio caso è rappresentata prevalentemente dall’elaborazione di progetti di musica e luce, come nel caso dei son-et-lumière che ho realizzato per il Teatro Romano di Aosta – in quattro differenti edizioni programmate nella stagione estiva dal 2010 al 2013. Ho sviluppato la musica originale direttamente in funzione della regia illuminotecnica, così come in relazione alle caratteristiche architettoniche del monumento. Per di più utilizzando un software musicale (Cubase) anche per programmare ogni effetto luce in perfetto sincrono con la partitura.

Studi classici di pianoforte, ma sei debitore a Frank Zappa… come me lo spieghi?
Gli studi classici, così come una massiccia frequentazione – in termini di ascolto – del repertorio classico, costituiscono senza dubbio una parte fondamentale del mio background di musicista. Dagli anni dell’adolescenza in poi si è venuta ad aggiungere la curiosità nei confronti di altri linguaggi, quali il progressive, l’avant-rock, e – in misura più ridotta e frammentaria – il jazz.

La scoperta di un musicista eclettico e originale come Frank Zappa – intorno ai miei sedici anni di età – ha fin da subito rappresentato una sintesi straordinaria di molteplici linguaggi che già mi appassionavano, rivitalizzati in uno stile così unico e personale che non poteva certo lasciarmi indifferente. In ogni caso, non vedo alcuna contraddizione tra gli studi classici e l’ammirazione per Zappa, anche perché se dovessimo definire l’attività principale o la “qualifica professionale” di questo geniale musicista, non esiteremmo a considerarlo innanzitutto un compositore, cui tra l’altro non mancano nemmeno le credenziali in ambito accademico, se pensiamo che sue musiche sono state eseguite da direttori quali Zubin Mehta o Pierre Boulez.

Ci racconti di come ti sei avvicinato alla musica?
Innanzitutto ereditando una genuina passione trasmessami dai miei genitori, che ascoltavano moltissima musica (quasi esclusivamente classica, e più in particolare sinfonica e cameristica).

All’età di sette anni ho quindi iniziato a studiare pianoforte, e una decina d’anni dopo a fare qualche primo esperimento di composizione.

Oltre a Frank Zappa, quali sono i musicisti e gli artisti  a cui ti ispiri?
Sarei tentato di rispondere che non mi ispiro propriamente a nessuno in particolare, ma al tempo stesso sono consapevole che le influenze ci sono eccome, e che non mi è oggettivamente possibile “tagliare il cordone ombelicale con esse”. Quelle più dirette, oltre allo stesso Zappa, sono senza dubbio rappresentate dal compositore americano Aaron Copland e, rimanendo in ambito accademico, da György Ligeti. Determinante come nessun’altra, tuttavia, è stata la scoperta della cosiddetta “scuola di Canterbury”, i cui nomi per me più significativi sono Robert Wyatt, Dave Stewart, Alan Gowen, Richard Sinclair, Phil Miller – purtroppo scomparso pochi giorni fa – Pip Pyle e Daevid Allen, fino alle espressioni più vicine all’avant-rock rappresentate da gruppi come Henry Cow e Art Bears, ovvero da compositori quali Fred Frith, Tim Hodgkinson e Lindsay Cooper, (alla quale è dedicato l’ultimo cd dell’Artchipel Orchestra di Ferdinando Faraò, con la quale ho il piacere di collaborare).

Il tuo background musicale è a dir poco “nutrito” ma tra le tante attività che hai realizzato vorrei che ci parlassi di ALTERAZIONI, la Rassegna di musiche innovative che hai ideato. Ci sono giovani che partecipano? Com’è il livello delle idee compositive che propongono?
Alterazioni
è un progetto cui ho dato vita cinque anni fa a Lainate, il comune in provincia di Milano in cui risiedo, con il sostegno dell’Assessorato alla Cultura del Comune e la collaborazione dell’Associazione Culturale Oneiros Teatro.

Giunge appunto quest’autunno alla quinta edizione, e ha finora ospitato – e ospiterà, mi auguro, negli anni a venire – progetti musicali che nel loro insieme alquanto “eterodosso” (per riprendere un aggettivo spesso utilizzato in quella rivista straordinaria che è stata Musiche) mi sento di definire innanzitutto “non convenzionali”. Nell’intenzione di indagare territori di frontiera che mostrano una vitalità e una ricchezza di forme espressive – tra composizione e improvvisazione – che contribuiscono ad delineare un’immagine di contemporaneo alquanto sfaccettata, vivace e “disinibita” nel suo rapportarsi tanto al novecento “colto” quanto allo sconfinato universo della popular music.

Fatte queste premesse, la programmazione della rassegna tende proprio a far convivere realtà e artisti ormai “nella storia”, o comunque già ampiamente riconosciuti in circuiti analoghi, con nuove esperienze e proposte che corrispondono perciò ad un’età anagrafica dei musicisti che non si può definire che giovane. Di sorprese positive e senza dubbio confortanti non ne sono mancate affatto, ed è un segnale che non può non esortarmi a portare avanti questa esperienza di direzione artistica, con ogni mezzo possibile.

L’ultimo evento in ordine di tempo che hai ideato è un workshop che si intitola Vox Populi. Ci puoi dire di cosa si tratta e chi vi può partecipare?
Si tratta di un progetto che parte come un workshop per diventare qualcosa di più, ovvero per offrire a partecipanti un’esperienza che non si esaurisce con il calendario degli incontri di laboratorio e nemmeno con il “concerto finale” – (che mi rifiuto di chiamare “saggio”).

Tra gli obiettivi prioritari di Vox Populi vi è infatti quello di dare vita a veri e propri raduni che vedranno raggrupparsi gli ensemble vocali formatisi nelle diverse realtà locali in cui il workshop ha avuto luogo, creando così delle compagini vocali di sempre maggiore potenza e impatto, e favorendo al tempo stesso l’incontro tra le persone provenienti da territori differenti, anche se in questa prima fase mi sto rivolgendo in modo specifico all’area geografica di Milano e dintorni.
La partecipazione, come dichiara il materiale promozionale del progetto, è aperta assolutamente a chiunque, senza alcuna preclusione. Non conta perciò essere (o considerarsi) intonati, possedere “una bella voce”, ecc.  invece importante predisporsi a questa esperienza con apertura mentale e spirito d’avventura.

Uno dei concerti attualmente in programma per Vox Populi sarà proprio quello conclusivo della quinta stagione di Alterazioni, nella settecentesca Sala della Musica di Villa Visconti Borromeo Litta di Lainate, domenica 12 novembre. Concerto che vedrà riunirsi i primi due ensemble vocali finora formatisi, provenienti da altri due comuni della Città Metropolitana di Milano (Cinisello Balsamo e Paderno Dugnano).

Secondo te è cambiato il panorama musicale italiano negli ultimi decenni? E come?
Personalmente fatico a farmi un’idea “d’insieme” di quale possa essere il panorama musicale attuale, alle nostre latitudini. L’impressione che se ne ricava complessivamente è innanzitutto quella di un’abbondanza produttiva senza precedenti: sempre più gente suona, realizza dischi e si propone per concerti, credo un po’ in ogni ambito. E senza dubbio le competenze, almeno sotto il profilo prettamente “tecnico musicale”, sono cresciute di livello rispetto a qualche decennio fa. Insomma, molta più gente “sa suonare bene” il proprio strumento, sa leggere la musica, ecc. Tuttavia mi sembra di percepire che le rispettive scuole – classica, jazz, pop – forniscano molto raramente stimoli ed esperienze che favoriscano un atteggiamento di curiosità nei confronti di linguaggi diversi da quelli conosciuti e frequentati nel contesto del proprio percorso di studi, o dalle inclinazioni che possono aver determinato la scelta di un orientamento formativo rispetto ad un altro. Credo che con un bacino di utenza così ricco ci sia un potenziale tutto da sviluppare in questa direzione, nel favorire cioè lo sviluppo di uno sguardo aperto e curioso, desideroso di conoscere e sperimentare quante più forme espressive possibili, e soprattutto di guardare allo sconfinato scibile musicale che ci circonda senza preclusioni di ordine gerarchico.

Per chiudere questa intervista come di consueto vogliamo sapere quali sono i tuoi prossimi progetti…
Sono obiettivamente molti, a partire dai dieci attualmente disponibili per concerti, i cui più recenti sono due solo-performance: One Song, per voce e pianoforte, costruito su uno zapping di dialoghi cinematografici, a generare una sorta di cut-up narrativo, e F.I.T., ovvero Found In Translation, per voce e harmonium, il cui testo è articolato in un miscuglio di idiomi provenienti da ogni angolo del globo, a prendersi gioco dei confini tracciati sulla Terra dalla specie più evoluta del pianeta.

Sempre l’harmonium è co-protagonista – insieme al violino di Eloisa Manera – del duo HOBO, nato ormai quattro anni fa, il cui primo cd – attualmente in fase di missaggio – sarà pubblicato a breve.

Grazie Massimo Giuntoli per aver dedicato un po’ del tuo tempo al Blog della Musica.
Grazie a voi per la gradita attenzione.

Scopri di più su Massimo Giuntoli leggi la sua storia e biografia.

Info: www.massimogiuntoli.com

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