INTERVISTA | Massimo Liberatori in “Molly e l’Acciugaio”

Il cantautore e cantastorie Massimo Liberatori ha fatto uscire da poco un tenero racconto dalle tinte folk irlandesi, il singolo Molly e l’acciugaio. Gli facciamo qualche domanda

Benvenuto Massimo Liberatori! Vuoi presentarti per chi non ti conosce?

Potrei definirmi cantastorie, inventore di canzoni, frequentatore di piazze, teatri, osterie e scuole Elementari. Un viandante, un cercatore che dalla sua via Flaminia è sempre pronto a deviare il cammino… Ora ho una banda di Musici con i quali condivido la storia e il modo di raccontare come scritto da P. Carfì su WORLD MUSIC MAGAZINE: “… cantastorie contemporanei praticanti di ruralità e coscienti di urbanizzazione… parole di attualità …”.  Altre info le trovate nel sito. 

Qual è stata la scintilla, l’idea che ha fatto nascere “Molly e l’Acciugaio”? Chi è Molly, e soprattutto chi è Chiaffredo?

L’idea di scrivere qualcosa su questi due personaggi nasce da due precisi input; Uno dovuto al mio amico Rino reduce da un viaggio a Dublino che mi ha innescato la miccia della storia di questa  mitica e avvenente venditrice di cozze con la carriola, ricordata da una statua nei vicoli della città. Il secondo input invece mi è arrivato da Valentina, nipote di Chiaffredo che sentendomi parlare di Molly ha inizia a raccontarmi di suo nonno che faceva l’acciugaio, con la sua carriola, in giro per l’appennino. Mentre ne parlava le brillavano gli occhi e quella luce di lacrime mi ha rivelato l’invisibile: Molly e Chiaffredo stavano li, insieme, stanchi e maleodoranti di pesce, su quella piccola e unica carriola…

Il tuo sound mescola folk irlandese e country con varie contaminazioni, e a volte recuperi dal repertorio anarchico, e da Woody Guthrie (“This land is your land”). Come sopravvivere in un mondo sempre più conformato al capitale, ma anche alle illusioni liberalprogressiste?

Bella domandina! Penso che lascerò rispondere alle esaustive parole di Alessio Lega che tra l’altro  mi lusingano anche: “… Intorno a noi stava impazzando l’Hip Hop, rantolavano le ultime sillabe Punk, il Folk irlandese diventava il modulo sul quale cantare “Bella Ciao”, qualcuno riprendeva i ritmi nostrani della pizzica o del saltarello. Lui invece seguiva la sua strada, con un modo garbato e ironico, citava ora questo ora quello stilema musicale, li fondeva in un modo tutto suo che lasciava intravedere i suoi maestri senza mai farne l’imitazione, si impadroniva di tutti i linguaggi e li usava per tornare a casa”.

Ecco, tornare a casa, lo reputo importante perché è solo li che mi rendo conto del cammino fatto e di quanto di quel cammino mi sia veramente rimasto dentro. Caro Gilberto, ti do del tu perché con le domande che mi poni mi fai sentire come di parlare a una vecchia conoscenza. Ed è questo forse il più grande male di questo tempo: viversi distrattamente, in lontananza, senza guardarsi quasi mai negli occhi. Io quando canto mi sento come di fare dei bagni di umanità. Una ricarica per la “resistenza” o sopravvivenza di cui mi parli tu.  

Ci racconti qualcosa della tua esperienza a New York?

NYC è stata una bellissima scoperta. Se non ci fossi dovuto andare a cantare forse non ci sarei mai andato. Sbagliando. Li mi sono sentito come al centro di una rotonda, al centro del mondo. Chiaramente centro del nostro mondo, quello che per capirci chiamiamo “occidente”. A NYC ho avuto la sensazione come di stare in una città che già conoscevo tanto la sua storia e la sua cultura ci sono entrate dentro e fanno parte della nostra vita anche qui. Le dimensioni sono dilatate in tutto, follia, tecnologia, creatività e incredibili contraddizioni sociali tanto che la nostra situazione a pensarla da li mi appariva meno drammatica… poi, alzi gli occhi e ti riprende il suo ritmo. Una città fatta di più città assemblate insieme basta pensare ad Harlem, a Greenwich Village e a Times Square… essere bene accettati li è stato fantastico e ci ha dato una bella carica: da tornarci.    

L’album del 2021 “Tratturo de Don Durito” si chiude con un brano-processo, dedicato al destino di Giordano Bruno. Qual è la tua opinione sulla Chiesa Cattolica oggi, rispetto a quella che nel 1600 condannò al rogo il filosofo?

Ma sai, i fatti eclatanti ci scandalizzano di più, come le inquisizioni, le scomuniche, i roghi ecc … Ci scandalizziamo meno quando la loro equivalenza sopravvive nella normalità del quotidiano e si fa sistema condiviso, potere. Questo mi fa anche più paura. Resto anticlericale proprio per salvare la memoria dei veri religiosi come i “Giordano Bruno” di ieri o i don Gallo di oggi…

A chi si rivolge l’invettiva di “Parassita”? (Sempre dal suddetto album del 2021).

Scritta e fatto il video in pieno inizio pandemia, con pochi passi a disposizione… Che poi ci sia anche una metafora di mezzo… mi sembra possibile… ma nasce dal virus.

Che ne pensi di Alessio Lega?

Un grande conoscitore della storia della canzone, un grande autore, un grande amico!

Riesci ancora oggi a vedere i sentimenti positivi e di solidarietà alberganti nelle persone?

P.P. Pasolini aveva perso la speranza definendola un alibi… questo mi mette in crisi, ma con tutta la stima e l’ammirazione che ho per lui non voglio dargli retta. Forse io:

“…you may say I’m a dreamer 
but I’m not the only one
I hope someday…”.

Ciao grazie e a disposizione Massimo.

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