Mico Argirò pubblica il suo nuovo album dal titolo Vorrei che morissi d’arte, storie semplici frutto di anni di lavoro, scrittura, registrazioni e sacrifici…
«Vorrei che morissi d’arte è insieme un augurio e una minaccia, una mia visione della contemporaneità, tra scacchisti e potenti, pazzi, girovaghi e sentimenti puri». Con queste parole il cantautore cilentano Mico Argirò (di Agropoli – Salerno) descrive il suo nuovo lavoro in studio, Vorrei che morissi d’arte, uscito il 29 ottobre.
«Se il tutto parte da una visione disastrosa del presente – ci spiega Mico Argirò – l’approdo finale è nella possibilità di vivere diversamente, di scegliere un’alternativa. Vorrei che morissi d’arte narra di storie semplici, senza retorica o eccessive costruzioni. I brani sono il frutto di anni di lavoro e di scrittura, di registrazioni e sacrifici, di serate e, soprattutto, di nottate a lavorare: anni in cui sono cambiato, cresciuto, maturato. Tengo davvero molto a questo lavoro».
Anticipato dal singolo e videoclip Il polacco, che in pochi giorni oltre 120mila visualizzazioni, Vorrei che morissi d’arte è un album in bilico fra la canzone d’autore italiana e il pop-rock internazionale ma che abbraccia anche altri generi musicali quali il reggae e la musica concreta.
«In Vorrei che morissi d’arte è presente l’influenza della canzone d’autore italiana (De André, De Gregori, Capossela) – continua Mico Argirò – senza disdegnare aperture verso altri autori quali Sting, Goran Bregović, i Beatles, i Pink Floyd o, ancora, Yann Tiersen (che è uno dei miei modelli per quanto riguarda la stesura delle musiche che compongo per il teatro) fino al reggae e alla musica concreta di Cage».
Vorrei che morissi d’arte/frantumarti il cranio di poesia […] Vorrei spararti dritto al cuore/con proiettili più duri d’una canzone
Questo album è il segno di una maturazione artistica di Mico Argirò, accompagnata da nuove scelte musicali e tematiche. Nelle sette tracce del disco ha cercato di interpretare la contemporaneità attraverso stili e linguaggi diversi. Si tratta di sette canzoni strettamente in relazione tra loro, ascoltabili singolarmente senza complicazioni ma che, nell’insieme, danno una visione unitaria sui tempi in cui viviamo.
I presupposti da cui parte Vorrei che morissi d’arte prendono piede dalla descrizione di un presente decadente, ma il messaggio finale è però positivo e si concentra sulla possibilità di un vivere diversamente, felice. Ed è quello che tutti vorremmo.
Credits Vorrei che morissi d’arte, Mico Argirò
Al disco hanno partecipato:
Emilio Di Mauro: piano e tastiere
Frank Cara: chitarra elettrica
Gaetano Pomposelli: chitarra classica
Giampietro Marra: percussioni
Antonio Brunetti: basso
Gianni Ciongoli: chitarra elettrica
Pierfrancesco Vairo: batteria
Giuseppe Iaccarino: basso
Giovanni Chiariello: tromba
Yuri Di Lucia: sax
Andrea Palladino: corno
Antonio Russo Uke: ukulele
Fabiana Pulisci: voce
Registrato, missato e masterizzato da Ivan Malzone
Testi e musiche: Mico Argirò
Arrangiamenti: Mico Argirò e Emilio Di Mauro
Copertina e progetto grafico dell’album a cura di Giovanni Carbone per “Contatto”
Il disco fisico è un’opera inedita e limitata della pittrice Stefania Patella
Info: https://www.facebook.com/mico.argiro.page/?fref=ts