Nel ventre dell’Orsa è il disco omonimo del progetto artistico da solista di Giulio Pastorello pubblicato per Dischi Soviet. Ecco la nostra recensione

Siete stanchi, stressati, arrabbiati? Eh, ci sono tantissimi motivi, per sentirsi così. Se provate tutto questo, fermatevi qui, a dormire Nel ventre dell’orsa.
Si chiama così il progetto solista di Giulio Pastorello, così come si chiama il suo disco. Nel Ventre dell’Orsa è un comodo abbigliamento termico, per restare di notte in mezzo al verde.
Nove brani, di cui ben cinque strumentali: l’impalpabile La prima neve, la tintinnante “Cerchi nell’acqua” con la sua celesta, la notturna La lepre, condita dal frinio dei grilli; l’eterea Il sentiero, con scampanellii che fanno pensare allo yoga – o più propriamente, alla meditazione – e l’onirica Il ponte, caratterizzata da un unico morbido accordo, prolungato per tutto il tempo.
Se chiudi gli occhi e ti siedi per terra, sentirai la rugiada sulle gambe. Il disco boschivo conferma le sensazioni anche nelle parole delle canzoni cantate.
Su arpeggi placidi di chitarre, Nascondersi ci sussurra: “Ritornando il chiasso della città / dal finestrino cerco la mia anima. / La vita che vedi in me / rapita da un vestito buono / appagata dal consumo affanna i respiri. / E sei qui, ti tengo in braccio / i battiti si incontrano / per poi sparire / nascondersi tra gli alberi / e non tornare”.
Questo può considerarsi il manifesto poetico, la dichiarazione d’intenti di Pastorello.
Brigida riporta in versi un sogno che gli è stato raccontato. L’arrangiamento, oltre ad altri arpeggi di chitarra acustica, presenta battiti di mani e un cimbalo natalizio. Il sogno dona una coscienza all’ambiente: “La strada che ti porta a casa qui, conosce i tuoi piedi, e guida le mani”.
La lentezza programmatica di Il risveglio ricorda il clima di un altro artista veneto, Airt’o. Lo stesso piccolo calore umano in mezzo a un gelo circostante, come falò in una radura. Ma le parole qui fanno eccezione, sembrano uscire dall’ambientazione rilassata, per sviluppare pensieri più amari: “Quando tutto il veleno / che scorre nel fiume / ti prende per mano / si ferma e ritorna. / Ritorna e si ferma. / E segui gli sguardi / dei vecchi rimasti / non sapendo nemmeno / se andranno a danzare. / Raccontano storie / a giovani innocenze / ricordano i silenzi / di corde legate. / Risvegliano le grida / e rabbie profonde / lasciano lo spazio / a stomaci chiusi. / Manovrano la forca che porti con te”.
E infine, leggiamo parte del testo della canzone Nel Ventre dell’Orsa, dell’album Nel Ventre dell’Orsa, dell’artista Nel Ventre dell’Orsa. La voce sospirata qui pronuncia le parole più ispirate e toccanti: “Tutto qui attorno / danza nel vento / respiro e sento che / il rosso di un attimo / commuove i miei sensi (…) dove vivo io esiste un luogo, un rifugio con te, nel ventre dell’Orsa”.
Lasciamo il mistero intatto del ventre dell’Orsa, se si tratti della zona centrale dell’Orsa Maggiore, o se siano letteralmente le budella di un orso sventrato da Bear Grylls. Battute a parte, questo disco è un accogliente rifugio di legno, dove rinchiudersi quando fa freddo, fuori e dentro.
Ascolta il disco Nel Ventre dell’Orsa su Spotify
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