INTERVISTA | “La notte degli Oscar” di Nicola Marotta

E’ uscito con distribuzione Artist First il primo EP del cantautore e produttore Nicola Marotta. La notte degli Oscar è un viaggio attraverso film mentali. È un continuo salto tra le storie che ci accadono e quelle che magari immaginiamo nella nostra testa e, come nella vita reale, a volte le due cose coincidono, altre meno. Ma è tutto quello che serve per far andare avanti una storia, la nostra. I 5 pezzi (o film, se vogliamo) dell’Ep rappresentano una sorta di percorso di auto-analisi. Abbiamo scambiato con lui quattro chiacchiere ed ecco cosa ci ha raccontato…

Nella musica Nicola Marotta ricopre diversi ruoli: autore, cantautore, produttore… come cambia la sua identità in queste diverse vesti?

Grandi poteri, grandi responsabilità dicono nei film dei supereroi. Scherzi a parte, ogni ruolo ha le sue caratteristiche. Da autore, ad esempio, metti tecnica e mestiere a disposizione di una storia che è quella dell’artista, sapere che ha bisogno di usare il suo linguaggio, dandogli però qualcosa che sia nuovo, ma che contemporaneamente lo faccia sentire a casa. Da produttore, dò molta importanza alla canzone: cerco di non snaturare il sound per cui quel pezzo è nato, ma anzi, lo assecondo, anche se non è in tendenza con quanto è sul mercato. Meglio un vestito sincero, piuttosto che costruito.
Se entrambi questi ruoli richiedono, per me, comunque delle regole d’azione, il cantautorato invece mi fa sentire più libero creativamente parlando. Nel mio Ep ci sono cose diverse tra loro, ma in tutte ci sono io.

Parliamo di metodo di lavoro: c’è un modus operandi specifico che ami seguire quando scrivi un nuovo pezzo? O anche solo dei rituali che per te sono irrinunciabili?

Ogni pezzo nasce in modo diverso, anche se devo dire che ho bisogno sicuramente di ambienti calmi per poter scrivere o produrre. In perfetta contrapposizione con la mia testa, che è invece molto frenetica. Dico sempre che se le mie canzoni fossero un piatto da preparare, il mio vizio sarebbe quello di stendere prima tutti gli ingredienti sul tavolo e poi pulire il non necessario. Spesso la canzone si sviluppa più fuori dallo studio che all’interno, più nelle pause che nei momenti di azione.

Qual è, secondo Nicola Marotta, la situazione ideale per ascoltare “La notte degli Oscar”?

Credo sia un disco che abbia bisogno di tempo per l’ascolto “reale”. Alcuni pezzi sono da ballare, altri sono intimi, però preferisco condividere lo stesso modo con cui ascolto i dischi da cui ho un certo tipo di aspettativa: quindi o a letto prima di dormire o durante un lungo viaggio in treno. Se poi dai finestrini si intravede il tramonto o l’alba, meglio. Poi se mi è piaciuto qualcosa in particolare, scatta la fase loop, quella per la quale non mi libero di una canzone per qualche settimana.

Nei tuoi pezzi c’è un forte uso delle immagini. Quali sono quelle più ricorrenti?

Più che immagini ricorrenti, come mi ha fatto notare qualcuno e giustamente direi, ci sono tante scene che hanno un sottotesto malinconico, anche quando si tratta di temi un po’ più allegri. Mi piace dare sempre una doppia chiave di lettura.
E quasi sempre sono due persone il centro della scena, anche quando magari ci si riferisce a se stessi. È un trucco narrativo che ho imparato dall’autorato.

C’è una persona a cui vorresti dedicare questo disco? Perché?

A chi ha creduto in questo progetto. Sembra banale, ma uscire con un primo Ep a 35 anni, quando alcuni ti vedono fuori luogo solo per l’età che hai, richiede una determinazione personale che resiste fino a un certo punto. Oltre, ci sono tutte quelle persone che continuano a ripeterti in un modo o nell’altro che stai facendo la cosa giusta e ti spronano ad andare avanti, a fare meglio: è anche grazie a loro se oggi siamo qui.

Come dovrebbe essere il concerto dei tuoi sogni?

Si può quasi dire che sia nata prima l’idea di realizzarlo live che l’Ep stesso. Ho un grande amore per i concerti: li vedo fortunatamente come esperienze uniche ed irripetibili, che il semplice streaming non ti dà, per cui diciamo che il concerto dei sogni l’ho immaginato fin troppe volte.
Vorrei che fosse una festa, in un palazzetto o in uno stadio, la gente che canta a memoria i pezzi e un saliscendi di emozioni.
Andare a casa sapendo che tu artista hai dato tutto e tu pubblico non vedi l’ora di rifarlo.

Ci avviamo alla chiusura del 2023. Bilancio dell’anno per Nicola Marotta?

È un anno estremamente positivo. Io che dieci anni fa volevo fare il cantautore, mi sono ritrovato a chiudere il cerchio solo dieci anni dopo con un Ep scritto con la maturità giusta di chi sa che non se ne pentirà in futuro, anzi.
Identifico questo 2023 con il disco, perché è stato un lavoro di un intero anno e come risultato ha portato amici nuovi, cementare ancora di più il rapporto con chi mi era vicino, viaggi ed esperienze nuove e soprattutto mi ha rimesso su un palco a fare la cosa che mi piace di più.

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