Abbiamo incontrato l’artista belga Nicolas Michaux per farci raccontare i suoi nuovi lavori discografici: Amour Colère e Les Chutes. Ecco che cosa ci siamo detti…
Ciao Nicolas Michaux, siamo qui per parlare dei tuoi nuovi dischi, Amour Colère e Les Chutes. Da dove vengono questi titoli?
Amour Colère letteralmente significa “Amore Rabbia”. Era un’espressione usata da un mio amico quando eravamo ragazzini, come una battuta riferendosi al sesso dopo una litigata, quello che fanno due innamorati per riconciliarsi dopo una brutta discussione.
Diversi anni dopo, quando stavo lavorando al disco, mi è successo che questi due sentimenti (amore e rabbia) erano quelli che in realtà dominavano la mia mente e che si stavano diffondendo anche in tutta la società.
Senza dubbio, credo che in un modo o nell’altro siamo tutti divisi tra questi due forti sentimenti. Personalmente provo tanta gratitudine e amore per essere vivo con le persone che mi circondano e sento un incanto infinito nei confronti della bellezza della natura ma sono anche pieno di rabbia nel vedere così tanta ingiustizia e distruzione nel mondo di oggi.
Les chutes (le cascate) è una raccolta di registrazione che ho fatto negli ultimi cinque anni, durante la creazione di Amour Colère. “Les chutes de studio” è un espressione per indicare gli outtake in francese. Ma ovviamente può anche riferirsi alle cascate. E la copertina mostra una sorta di cascata urbana fatta di cemento. Mi piaceva l’idea di di un’espressione ambigua e poetica allo stesso tempo. Aveva senso per tanti motivi.
Quali sono i principali messaggi e valori che Nicolas Michaux vuole comunicare con questi due dischi?
E’ sempre complicato individuare esattamente quale messaggio la propria musica voglia comunicare. Non ne sono sicuro ma penso che la mia musica e i miei testi possano essere paragonati all’era che cresce ancora tra due ciottoli o che spacca il cemento.
Sono nato nel 1984 e sono cresciuto nella regione post industriale di Liege, in Belgio. Le fabbriche stavano chiudendo una dopo l’altra e potevi vedere i cumuli di spazzatura dei minatori diventare verdi, con delle piccole foreste ed ecosistemi che crescevano su di essi.
Credo che la mia musica mandi questo tipo di messaggio: tutto si sta distruggendo ma c’è una luce all’orizzonte in qualche modo: l’erba verde crescerà ancora e un raggio di sole sbucherà attraverso il buio delle nuvole da qualche parte.
C’è una canzone di questi dischi alla quale tu sei particolarmente affezionato? Se si, perchè?
Sono piuttosto affezionato a Une Seconde Chance. Potrebbe essere la mia canzone migliore. Il testo parla proprio di quello che vi ho detto nella mia risposta precedente.
Credo di essere riuscito a scrivere qualcosa di molto personale ma allo stesso tempo universale, pur restando nell’ambito delle canzoni strappalacrime.
Perso nella notte arancione
dove ci inseguono le periferie
lascio passare la tempesta, limito la rottura; Amo la vita
sempre puntuale al funerale
ho smesso di pensare
alla ragazza del liceo
Parlando del processo creativo, di solito parti dai testi o dalla musica?
Ogni canzone ha il proprio processo. Non ho una ricetta. Di solito mi trovo davanti al pianoforte con la mia chitarra e ad un certo punto mi appare una linea melodica con qualche parola. Questa è la scintilla da cui parte tutto. Da qui provo a decifrare quello che questi primi elementi stanno provando a dirmi e lavoro su di essi ripetutamente sperando che ne esca qualcosa di buono.
Quando scrivo una canzone sento di essere parte del processo ma non lo controllo totalmente. Le cose devono funzionare da sole affinché la canzone prenda forma. Altrimenti il risultato non sarà mai completo, mancherà sempre qualcosa e suonerà poco fluente.
Sei fortunato se questo processo giunge davvero a compimento. Mi piace il mistero che lo circonda.
Quale credi che sia la tua personale firma nella tua musica?
Direi che le mie canzoni sono piuttosto semplici nella struttura ma complessivamente ben equilibrate. Il suono è caldo con batteria e basso asciutti. Le chitarre sono più sognanti.
La musica si riferisce sicuramente al fantastico periodo della musica registrata: gli anni sessanta, settanta e i primi ottanta.
Le mie registrazioni sono rade e miro sempre a qualcosa di organico e realistico. Tendo a lavorare un po’ come un regista di documentari. Compongo il disco con quello che sta davvero accadendo durante la sessione invece che voler controllare tutto prima. Vedo ogni produzione come un viaggio in una terra lontana e le registrazioni sono come le foto analogiche che mi porterei di ritorno a casa.
Vivi tra Bruxelles e l’isola di Samsø in Danimara con la tua famiglia. In quale posto ti senti più te stesso e quale posto ti è più d’ispirazione per la tua musica?
Ottima domanda. Credo che tutti abbiamo più tratti nella nostra personalità
A Bruxelles sono il tipo di persona più attiva, che prova ad avere un impatto sulla società con la mia musica, i miei concerti e Capitane Records, l’etichetta di cui faccio parte insieme ad altri musicisti. E’ una vita un po’più mondana e politica.
In Daimarca esprimo la parte più contemplativa di me. Uso Samsø come base dove io posso ricaricare le mie batterie e vivere più vicino ad elementi fondamentali come la natura, la famiglia, l’orto, la gestione della casa…
Quali sono i tuoi programmi per il futuro?
Ultimamene ho puntato molto su Capitane Records, producendo e mixando altri artisti come Turner Cody o Under The Reefs orchestra.
Ora non vedo l’ora di tornare ad investire sul mio lavoro personale. Ho un progetto video che ho iniziato a concettualizzare. Voglio girare video di paesaggi a Samsø e comporre musica ad hoc per questi. Sarà un modo per iniziare pian pianto a scrivere per il mio prossimo disco.
C’è qualcos’altro che Nicolas Michaux vorrebbe aggiungere?
Solo che è stata davvero una gioia far uscire e lavorare finalmente questi due dischi in Italia. Ho ricevuto tanti ottimi riscontri che mi scaldano il cuore. L’Italia è sicuramente il mio posto preferito al mondo. Mia nonna era un’italiana immigrata in Belgio, era originaria di Treviso, sfortunatamente è morta prima che io nascessi. Ma mia mamma ha gestito un negozio italiano di alimentari per 35 anni e io trascorro almeno un mese all’anno a Perinaldo, un bellissimo paese della Liguria. Grazie per la chiacchierata.
Guarda il video di Harvesters di Nicolas Michaux
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