Gli aquilani Olotropica, guidati da Valentina Di Cesare, voce e anima del gruppo, hanno pubblicato da poco il loro disco Piccole Guerre Inutili. Ce ne parlano nell’intervista al nostro Blog della Musica…
Ciao Olotropica e benvenuti. Innanzitutto spiegateci questo nome particolare…
Olotropica è il nome di una tecnica di respirazione che con l’aiuto della musica e di alcune semplici tecniche di lavoro sul corpo, riesce ad attivare i diversi livelli dell’inconscio e a far risvegliare le energie rimaste bloccate, rendendo possibile il raggiungimento di un buon equilibrio fisico e psichico. Il termine è greco e vuol dire “che si muove verso l’interezza”.
Chi sono i componenti degli Olotropica e come vi siete conosciuti?
Ci sono io, (Valentina la cantante) Pierluigi, Paolo, Michele e Riccardo. Abitiamo in due piccoli paesi distanti solo 1 km e mezzo l’uno dall’altro, è impossibile non incontrarsi.
Valentina: sei una scrittrice, raccontaci cosa ti ha spinto a metterti in gioco come cantante…
Ho sempre cantato, mi piaceva. Sin da piccola ne avevo già la percezione ma per molti anni è stato un semplice divertimento, misto a imbarazzo e momenti di completo abbandono. Credo che si trattasse di momenti necessari, dovevo per forza fermarmi e aspettare di trovare il coraggio di scrivere canzoni mie, da cantare. Insomma bisognava aspettare il momento giusto. Le due cose (il fatto che io scriva romanzi e che io scriva canzoni) erano e sono processi intimamente legati.
Continuerai a scrivere libri?
Non potrei fare altro! Anzi è molto più probabile che io continui a scrivere libri piuttosto che canzoni…
Voi vi proponete al pubblico con brani scritti da voi, un cantautorato classico o innovativo?
Non so bene cosa significa innovativo, però tempo fa lessi una cosa molto bella e finalmente ho trovato giustificazione ad una mia tendenza, che io ho sempre interpretato come limite. Un importante scrittore e uomo di cultura italiano, Giovanni Testori, diceva che il vero rivoluzionario non indossa mai l’anello al naso, piuttosto è antico e conservatore.
Chi sono le vostre fonti di ispirazione?
Abbiamo gusti musicali davvero disparati, di influenze ce ne sono molte e si sente, perché il disco è davvero eterogeneo.
Il primo lavoro discografico è del 2015 e si intitola Piccole Guerre Inutili… di cosa parla?
Parla di molte cose, racconta l’amore, il ricordo, l’amicizia, il tempo, le convinzioni sbagliate… Ecco però io credo sia innanzitutto un disco molto umano: lo definisco così perché racconta in maniera molto spontanea le fragilità degli esseri umani e lo fa in maniera lucida, senza buonismo ma neanche senza. Stranamente non accusa nessuno.
A quale dei brani del vostro lavoro discografico vi sentite più legati?
E’ una domanda molto difficile… cambierei la risposta a seconda dei momenti. A parte il singolo e cioè Piccole Guerre Inutili, credo che una delle più importanti per noi sia la Sera di Taksim, un pezzo molto introspettivo che parla di amicizia oppure La Sirena, che ricorda una persona molto importante che non c’è più.
Il vostro logo è un Fiore di Loto mentre sulla copertina del vostro primo album c’è una testa di lupo… sembrano due simboli molto lontani, come mai?
Il fiore di loto è il nostro simbolo, evoca la purezza ed in un certo senso anche l’indipendenza rispetto al resto. Il fiore di loto conserva la sua bellezza pur nascendo e sbocciando dal fango, la sua natura non potrebbe essere diversa, quel fiore è così bello proprio perché si erge al di sopra di quella poltiglia con grande naturalezza. E’ questo il senso, è un po’ come dire che “dai diamanti non nasce niente”, tanto per parafrasare il meraviglioso Fabrizio De Andrè. La copertina del disco, realizzata dall’illustratrice abruzzese Michela Tobiolo, è un abbraccio tra due corpi, uno dei quali ha la testa di lupo. Se si apre il disco, sulla sinistra vi è lo stesso abbraccio solo che al posto della testa di lupo appare quella di un agnello. Cosa vuol dire? Che nella vita si nasce uguali, puri, bianchi come un foglio da riempire; e che poi sta a noi scegliere quanto essere sinceri con noi stessi e con gli altri, sta a noi scegliere come colorare quel bianco.
Prima di lasciarci, raccontateci quali progetti avete in serbo per questo 2016.
Cercheremo di promuovere al meglio il nostro disco e di non perdere mai di vista quello che vogliamo realizzare.