Paul Pedana, cantante che abbiamo già ospitato su Blog della Musica, ci parla in questa intervista della sua musica e del suo nuovo full lenght di prossima uscita…
Oggi il Blog della Musica ospita il cantautore Paul Pedana. Ciao Paul e benvenuto. Come mai un nome italo inglese?
Sai, all’estero le persone non sono proprio capaci a pronunciare il nome Paolo. Ogni volta che mi presentavo a qualcuno dovevo ripetere mille volte il mio nome e mi ritrovavo alla fine sempre con gente che mi salutava dicendo: See you Paulo, Pablo, Paoulo, Pavelo ecc.. Alla fine ho optato per Paul.
Quando Paul hai iniziato ad avvicinarti alla musica?
La musica ha sempre fatto parte della mia esistenza sin da piccolissimo. Mio padre oltre al suo lavoro principale faceva il Radio Speaker e il batterista e ricordo che riportava a casa montagne di vinili e cassette. Grazie a lui la mia ninnananna è stata il Made In Japan dei Deep Purple.
Una brutta esperienza da bambino poi ti ha notevolmente stravolto la vita… Vuoi parlarcene?
Ahah, questa è una domanda che non manca mai nelle mie interviste! Beh, senza stare a spiegare troppi particolari posso dire che a 16 anni, quando ti passa sopra con le ruote un pullman di 4 tonnellate con 30 persone a bordo, le cose cambiano. Una parte di me è morta e un’altra è nata. La mia sensibilità è radicalmente cambiata e questo mi ha permesso di diventare estremamente curioso di tutto ciò che è vita, emozione e di ogni aspetto dell’esistenza dell’essere umano.
Questa disavventura (che fortunatamente si è risolta in maniera positiva) da un punto di vista musicale come ti ha cambiato?
Come dicevo prima è cambiata la mia sensibilità e inevitabilmente anche la percezione delle cose. Per scrivere una canzone ci si deve tuffare dentro le emozioni, i ricordi, il dolore, devi letteralmente nuotare e a volte affogarci dentro. Sicuramente questa esperienza ha dato un tocco di drammaticità ai miei lavori, ma d’altronde non sono mai stato un compositore da “Do maggiore”.
Dopo aver fondato il tuo gruppo, gli Anthropos, cosa è successo?
Gli Anthropos sono stati fondati da me, Michele Palafreni, Alessandro Bravi e Sammy Tabet. E’ un gruppo musicale fantastico. E’ stata la prima band capace di farmi vivere esperienze mai vissute prima. Dalle session in studio ai tour internazionali. Partendo dai piccoli pub e raggiungendo festival con decine di migliaia di persone. E stata la mia “Mamma della musica” quella che mi ha fatto piangere e ridere insegnandomi quasi tutto quello che so per poter sopravvivere in questo mondo. Quando suoniamo diventiamo delle sostanze stupefacenti che interagiscono tra di loro, siamo una macchina del tempo capace di trasportare noi e chi ci ascolta, in tempi ormai lontani per la musica. E’ letteralmente la band dei miei sogni, e sono davvero felice di farne parte. Stiamo rimettendo in sesto la band e abbiamo delle sorprese in arrivo, non aggiungo altro per ora.
Ora Paul raccontaci come sei finito a fare musica a Londra e perché ti trovi così bene da esserci rimasto. Per la musica cosa c’è all’estero che manca in Italia?
Mi sono trasferito a Londra per la prima volta nel 2011. Cercavo un ambiente fertile per quello che faccio e capace di percepire davvero la mia musica. Londra è una città fantastica che ha sempre dato tanto sia in passato che oggi. Ovviamente c’è molta competizione come in tutte le metropoli di questo mondo , ma una volta che ti abitui diventa davvero fantastica. A Londra non ti senti mai troppo lontano da casa e il sapore della pioggia è diverso. Puoi reinventarti quando e quanto vuoi senza vincoli. C’è possibilità per tutti di esprimersi e soprattutto di crescere. All’estero c’è una considerazione differente del musicista. In Italia se dici di essere musicista ti fanno sempre due domande. “Ho capito, si, ma in che fabbrica lavori?” E la seconda è: “Quanto guadagni?”. Ho detto tutto, no?
Ritieni di essere maggiormente compreso musicalmente all’estero e di essere incompreso in Italia, o il tuo sound musicale è più rivolto ad un pubblico inglese? Perché?
Generalmente credo che in Italia ci sia una forte difficoltà nel comprendere l’inglese. L’italia è un paese molto orgoglioso della propria lingua e noto che ancora ci sono molte persone che non conoscono nemmeno una parola di inglese. Tuttavia credo che la musica sia un linguaggio universale e viene recepita da tutti, essa non conosce confini o differenze etniche, non fa distinzione tra bianco nero giallo o arancione, è un qualcosa che va aldilà della nostra abilità di codificare, un qualcosa che ci sfugge, capace di unire spazio, tempo ed esistenza in una sola cosa. Non credo che il mio sound abbia un pubblico specifico ma credo che gli amanti del Brit anni 90 siano più propensi ad ascoltarmi.
Paul, oltre a comporre e cantare i tuoi brani ti occupi anche dell’arrangiamento e/o di altre fasi della produzione dei tuoi dischi?
Si, in questo momento sono il “Tuttofare”. Circa un anno fa mi incontrai con un tipo poco simpatico della Decca Records , con aria molto presuntuosa mi disse che non sarei mai riuscito a fare nulla di buono se mi fossi accollato tutto il da fare per produrre un album, la presi come una sfida. Ad un anno di distanza ho scritto, composto, arrangiato e registrato batterie, chitarre acustiche e voce su dodici brani, mi sto occupando dell’artwork, sto scrivendo le sceneggiature per i video musicali che usciranno dopo la release del full lenght e sto letterlamente gestendo tutti i rapporti internazionali con i vari distributori, oltre che a finanziare totalmente il costo della produzione. Ovviamente sto collaborando con degli studi di registrazione favolosi e con dei bravi sound engineers. I ragazzi della mia band stanno facendo un ottimo lavoro e mi trovo molto bene con loro. Sto pure organizzando delle mostre in giro per il mondo con i disegni che andranno sul book del vinile. Più che un uomo mi sento come una piccola casa discografica in una barca in mezzo all’oceano in tempesta. Sono ancora sano di mente. Lo sono vero??
Si, si lo sei… Ma tutto questo lo fai perché non trovi persone che condividono le tue idee musicali?
Lo faccio perché non mi piace aspettare millenni in attesa che qualcosa cada dal cielo. Penso che quando si ha una buona idea la si deve subito scrivere nero su bianco. Sono molto impulsivo e penso anche di essere un songwriter compulsivo.
Il tuo primo album. Ce ne parli? Quando uscirà? Consigli per l’ascolto?
Ebbene si, questo è il mio primo album da solista. Sarà un full lenght composto da 12 tracce. Il tema sarà la deumanizzazione. Voglio mandare un messaggio chiaro e tondo a tutti quelli che ascolteranno questo disco. Stiamo vivendo in un mondo molto veloce e credo che l’essere umano abbia fatto troppi progressi tecnologici senza tener conto del progresso Umano. Stiamo letteralmente diventando schiavi di un qualcosa creato da noi perché non abbiamo le capacità culturali per reggere un tale cambiamento. Potrei stare ore a parlare ore di tutti i temi che affronterò. Fondamentalmente parla di una rinascita della decadenza. Ho deciso di abbandonare la vena pop e non sarà estremamente immediato al primo ascolto. Questo album avrà bisogno di ascoltatori veri e non di persone che “sentono” la musica. Stò collaborando con delle realtà molto interessanti e la cosa che mi eccita di più è l’artwork affiancato alla musica. Stò programmando un tour audiovisivo con tanto di concerti e mostre d’arte con i disegni contenuti all’interno del book realizzati da me e Lorenzo Pernicini. Uscirà in due formati: Vinile e in Digitale. Ancora non abbiamo una data ufficiale per la release. È stata una mia decisione.
Caro Paul per concludere chiediamo anche a te: dove possiamo seguirti nei prossimi mesi?
Dovremmo esibirci in tutta europa a partire dal Regno Unito ovviamente. Stiamo programmando un tour che inizierà a Novembre in Polonia, Bielorussia, Germania, Francia, Italia, Olanda e Portogallo. In programma anche delle date negli Stati Uniti ma ancora non abbiamo la certezza.
Grazie per essere stato con noi del Blog della Musica.
Grazie a voi, è stato un piacere!