La storia di Paul Weller e dei The JAM, la band che ha infiammato Londra alla fine degli anni ’70. La storia e la discografia di uno degli artisti più preparati al mondo e con la capacità di innovarsi senza seguire le tendenze. Eccovi la storia di Paul Weller – Capuccino Kid
Vi sono mancato. Lo so. Ma avevo un impegno a Milano. No, non l’Expo. Molto più importante. Dovevo incontrare il modfather, Capuccino Kid, insomma Paul Weller. Che si presenta al bar Vinile in perfetta forma, giusto taglio di capelli, giusto taglio sartoriale ed ordina immediatamente un milkandcoffe. Perché credete che si sia scelto (a.d. 1983) lo pseudonimo di Cappuccino Kid? Per una simpatica sintonia con i monaci? Siete sulla cattiva strada! Forse per la predilezione della bevanda calda meno digeribile dell’universo? Avete azzeccato la risposta corretta.
È molto rilassato, parla dei JAM, degli STYLE COUNCIL e dei suoi lavori solisti con estrema naturalezza, ma sembra più interessato alle sartorie milanesi. Fa domande sui tessuti e chiede indirizzi di calzaturifici e quando si tenta di riportare la discussione sulla musica sembra annoiato, ma poi con un guizzo stende tutti affermando che è suo impegno ascoltare, nei prossimi giorni, alcuni album dei Beatles, così, tanto per ricordarsi come si scrivono buone canzoni.
Chi è Paul Weller, leader di THE JAM e STYLE COUNCIL
Questo mix di finta arroganza e vera modestia, very british, è la cifra dell’uomo che con i JAM ha incendiato Londra alla fine dei seventies e che con gli STYLE COUNCIL ha placato la sete di soul negli anni 80. E dopo? Dopo ha fatto uscire una quantità considerevole di dischi a suo nome, alcuni debolucci, altri strepitosi. Dato spesso per finito Paul Weller ha saputo in ogni occasione scacciare i gufi e gli avvoltoi proponendo album che hanno influenzato intere generazioni di musicisti. Ora lo ritroviamo a calcare i palcoscenici di mezzo mondo, facendo registrare sold out ovunque. E un motivo c’è. Più di uno. La sua preparazione artistica, la sua capacità di innovarsi senza concedere nulla alle mode del momento, la sua abilità nello scrivere testi preziosi per i quali scova melodie ancora più preziose.
Le sue canzoni mi hanno accompagnato spesso. Le ho ascoltate in ogni occasione e se devo rispondere alla inopportuna domanda che ha fatto irritare Weller direi che per motivi estranei alla musica preferisco i pezzi contenuti in CAFE BLUE e in con OUR FAVORITE SHOP.
Ma farei un torto agli immensi JAM, nati nei primi anni 70, sfoggiano camicia bianca, giacca e cravatta nere, un ottimo taglio di capelli e, a differenza di tanti colleghi del periodo, dimostrano di saper suonare sul serio. L’esordio è al leggendario 100 Club.
La discografia dei THE JAM
Nel febbraio del 1977 i JAM hanno già firmato un contratto con la Polydor, fanno uscire il primo singolo In The City, personale tributo alla scena punk del periodo, con un giro armonico di chitarra e basso che verrà ben studiato dai Sex Pistols e inserito in Holidays In The Sun, provate a riascoltare i pezzi e ditemi se non si tratta di plagio.
In The City (1977) è anche il titolo dell’album d’esordio, buona combinazione fra rhythm’n’blues e punk-rock, che cerca di riproporre più fedelmente possibile la vitalità delle esibizioni dal vivo. Il tutto nel formato tipico della canzone breve, di tre minuti al massimo, come il punk insegna e vuole.
Il secondo album, THIS IS MODERN WORLD, offre loro una visibilità ancora superiore, facendoli divenire il gruppo di riferimento del rinato movimento mod. Il disco è più aggressivo del predecessore, con l’energetica Modern World sugli scudi. Oltre al “ribellismo” di stampo WHO, emerge in modo limpidamente la vocazione soul di Weller, la sua passione per i suoni di casa Motown, e la cover di In The Midnight Hour di Wilson Pickett suona come un vero e proprio omaggio.
Nel 1978 viene pubblicato come singolo il più melodico News of the World, aperta critica verso il mondo dei tabloid britannici e della stampa in generale.
Nel 1979, esce ALL MOD CONS, che consolida i JAM come capofila del movimento mod nell’immaginario collettivo. È un album più maturo, con grandi arrangiamenti e suoni ricercati ma mai leziosi, una spiccata attenzione alle tematiche sociali e agli accadimenti politici. Le sonorità punk degli esordi rivivono in assalti frontali come la title track e A Bomb in Wardour Street, ma emerge soprattutto la vena melodica del gruppo con dolci ballate come Fly ed English Rose, brani quasi beatlesiani, e brillanti episodi folk-pop come The Place I Love.
Con il quarto album SETTING SONS del 1979, i JAM ampliano la loro platea di fans ed ascoltatori. Trascinato dal successo del singolo Eton Rifle il disco ottiene buoni piazzamenti e si presenta più ricco ed eterogeneo dei precedenti, spaziando da protest-song proletarie quali Private Hell a recuperi di sonorità beat come nel caso di Wasteland e nell’uptempo di Smithers Jones, fino ad incrociare storie di ordinaria desolazione urbana, senza dimenticare nuovi omaggi alla amata Motown .
Nel 1980 esce SOUND AFFECTS. Contiene Start,quasi ska, che balza subito in testa alle classifiche inglesi e la ballata That’s Enterteinment, definita la Yesterday dei Jam. Questo lavoro propone un repertorio accattivante, smaccatamente pop, con frequenti inserti di fiati, parti di synth e aperture alla danzabilità.
Nel 1981 vengono pubblicati due singoli non contenuti in alcun album, Funeral Pyre e Absolute Beginners, esperimenti melodici che allontanano ulteriormente i Jam dalle sonorità degli esordi.
All’inizio del 1982 è la volta del singolo A Town Called Malice/Precious e del nuovo album, THE GIFT, un lavoro incerto, alla costante ricerca di nuovi orizzonti da esplorare, sospeso tra tentazioni dance e il solito soul di ascendenza Motown.
Nonostante il crescente successo il giocattolo si sta rompendo: Paul Weller è sempre più preso dalle sue influenze soul e la situazione del trio sembra ormai andargli stretta; The Bitterest Pill si può considerare una sorta di singolo solista del leader.
Lo scioglimento dei JAM di Paul Weller
Nell’ottobre del 1982 i JAM annunciano il proprio scioglimento. Scelta senza dubbio coraggiosa, anche perché presa nel momento in cui la fama del gruppo era in procinto di diventare mondiale, ma è solo uno dei tasselli che da sempre testimoniano la versatilità e l’imprevedibilità di Weller, il quale troverà in seguito ampi consensi nell’avventura Style Council. Quella che prima ho detto di preferire. Ma ci tengo a sottolineare per motivi extramusicali. Non l’ho detto a Paul. Era troppo arrabbiato per la domanda.
E poi al modfather che può importare della mia predilezione per gli Style Council? Spero che a voi, cari lettori, possa importare. Perché la prossima volta parleremo proprio di loro. Degli Style Council.
Vittorio
Foto tratta da: http://www.theguardian.com