Due chiacchiere con Ruggero Marazzi, leader e fondatore dei PCP (Piano Che Piove) che presentano la loro opera prima dal titolo In Viaggio con Alice.
Certo, opera prima, anche se i PCP (Piano Che Piove) sono tutt’altro che musicisti di primo pelo. Ecco l’ennesimo esempio di incontro artistico dopo anni di gavetta e di percorsi eterogenei, intimi quanto solitari, che arrivano ad una comunione di intenti e di vocabolario codificato assieme in un equilibrio sono di bella canzone d’autore italiana. Niente da eccepire ma solo momenti di preziose radici che ancora fanno scuola. L’intervista per gli amici del Blog Della Musica.
Iniziamo con grandi notizie: siete tra i 50 dischi votabili alle Targhe Tenco 2015. Che sensazione e che bel traguardo rappresenta?
Una sensazione sorprendente come solo le belle notizie inaspettate riescono ad essere. Un traguardo che subito diventa una linea di partenza perché una simile soddisfazione mette addosso l’adrenalina, la voglia di dare visibilità alle cose più recenti. É un riconoscimento che gratifica parecchio, indipendentemente dalle votazioni che seguiranno.
Questo lavoro secondo voi che cosa restituisce alla musica italiana? Cosa invece dovete ancora aggiungere alla vostra scrittura?
Questo lavoro prova a restituire un po’ dell’insegnamento ricevuto in termini di capacità di osservare la realtà senza preconcetti e moralismi (una caratteristica presente nella canzone d’autore fin dagli anni ’60, anche con autori come Endrigo, Bindi o Paoli, la cui modernità in questo senso forse non è stata riconosciuta abbastanza dal grande pubblico) e della capacità di mettersi musicalmente in discussione anche girando lo sguardo verso altre culture.
Per quel che riguarda la seconda domanda, diciamo che c’è un elemento sul quale cerchiamo di tenere i riflettori sempre accesi ed è il rischio di essere inutilmente pesanti. É importante cercare di mantenere leggera la forma espressiva (quindi l’ascolto). Ovviamente partendo dall’assunto che leggerezza non significa superficialità.
“In Viaggio con Alice”. Esiste un leitmotiv che lega assieme canzoni apparentemente distanti e uniche tra loro?
É un lavoro molto intimista, un’esplorazione sincera della quotidianità, intesa non come sommatoria di gesti ripetitivi ma come contenitore dei luoghi e delle manifestazioni nei quali e attraverso le quali ognuno si confronta con realtà che gli sta attorno. Puoi fare anche l’analisi sociologica parlando delle strade di casa tua e della gente che le abita, ed è quello che abbiamo cercato di fare in “Metà marzo”.
Col senno di poi cosa rifareste? O meglio: quanto prima rifareste tutto quanto?
Col senno di poi rifaremmo tutto modificando qualcosa qua e la nelle canzoni (il solito senno di poi…).
Dal pop d’autore italiano cosa avete preso? Qualche nome di riferimento?
Dal pop abbiamo sicuramente imparato che una canzone non è solo quello che vuoi fare tu ma è anche quello che gli altri si aspettano di riconoscere, ossia che ci sono delle regole da seguire per quel che riguarda la struttura di un brano, una certa coerenza compositiva ecc. In questo il pop è più rigoroso della canzone d’autore. Qualcuno potrebbe dire “un po’ meno arte e un po’ più mestiere”, ma in realtà non è vero, anche perché la tendenza a voler infrangere regole e consuetudini in favore di una supposta necessità di libertà espressiva può anche essere una forma di immaturità. O di difficoltà con il concetto di sintesi. Sui riferimenti è dura, un po’ perché veniamo da esperienze diverse, un po’ perché nominare qualcuno significa sistematicamente ricordarsi di averne dimenticati altri, magari più importanti. Diciamo che, per ragioni ovviamente diverse, Sting e Tom Waits, potrebbero essere due riferimenti.
Info PCP (Piano Che Piove): https://www.facebook.com/pianochepiove/?fref=ts