Phantasiestücke Op. 12 di Robert Schumann, l’unità del molteplice nell’opera ciclica. Storia degli otto brani per pianoforte dal carattere ora impetuoso, ora sognante
Robert Schumann (1810-1856) è uno degli autori più archetipicamente romantici per la profondità delle sue meditazioni filosofiche sull’arte e sulla vita immaginate come un tutt’uno indissolubile.
Così appassionata è la sua esistenza, divisa tra le aspirazioni all’amore ed alla bellezza ed i tormenti dell’immanenza, così è la sua arte, screziata dall’anelito continuo ad elevarsi oltre le limitazioni dell’idioma o del mezzo tecnico-espressivo per ricercare affinità intense tra sensazioni ed espressioni artistiche anche lontanissime.
La prima stagione creativa di Robert Schumann situabile tra il 1829 ed il 1839 è quasi interamente dominata dalla produzione pianistica, nella quale il compositore esplora le forme e le risorse strumentali filtrate dalla sua personale concezione dell’opera d’arte, percepita come un costante divenire, che si materializza di volta in volta in profili, stili ed addirittura linguaggi eterogenei ma è sempre la multiforme parvenza di un tutt’uno indivisibile.
La via esplorata da Schumann per la creazione di opere di ampio respiro, in cui riversare però un’ispirazione non mediata, si concretizza nei suoi celebri cicli pianistici come il delicato Papillons op. 2 il sontuoso Carnaval Op. 9 o l’appassionata Kreisleriana op. 16; si tratta di composizioni articolate in frammenti diversi, tenuti assieme da relazioni estremamente sottili che se da un lato assicurano una omogeneità stilistica, dall’altro consentono di seguire l’immaginazione dell’autore nel suo proporsi in abiti sempre imprevedibili.
In particolare, vengono esposte una serie di riflessioni ed intenzioni affidate al dualistico ‘alter ego’ della coscienza schumanniana che si palesava nelle fattezze di due immaginari personaggi dietro i quali il compositore spesso idealmente si celava: Florestano, appassionato sostenitore delle idee più rivoluzionarie, ed Eusebio, meditativo e nostalgico.
Genesi dell’opera Phantasiestücke Op. 12 di Robert Schumnann
L’opera Phantasiestücke, Pezzi fantastici, Op. 12 del 1837, pubblicata l’anno seguente a Lipsia da Breitkopf e Hartel, appartiene dunque al filone delle opere cicliche e si sviluppa in una serie di otto brani dal carattere ora impetuoso, ora sognante. Questi Pezzi di fantasia, come suggerisce il titolo, furono dedicati a miss Anna Robena Laidlaw, una giovane pianista inglese giunta in quel periodo a Lipsia e accolta con simpatia da Schumann dopo aver dato concerti a Berlino, Londra, Riga e Varsavia.
Naturalmente non manca la componente biografico sentimentale che attribuisce al compositore una breve liaison proprio con la pianista nel periodo più difficile del rapporto tra Robert e Clara Wieck caratterizzato da un lungo allontanamento prima della felice conclusione matrimoniale giunta solo nel 1840. Tuttavia si ha ragione di ritenere che fra Schumann e la Laidlaw ci sia stata soltanto una reciproca simpatia. Ed infatti ad una più accorta analisi anche i Phantasiestücke nascono, come la maggior parte delle composizioni schumanniane, sotto l’egida di Clara Wieck, sua sposa e musa ineludibile.
E’ Clara a rappresentare l’unità di questa realizzazione che infatti si basa su un nucleo tematico sotterraneo, composto sulle note desumibili dalle lettere del suo nome con l’aggiunta delle iniziali di Florestano ed Eusebio. Ne scaturisce una scala discendente, presente come una firma e un ricordo in numerose altre opere. Una meditazione, dunque, sulla vita e sull’amore.
Phantasiestücke Op. 12: otto piccoli idilli
Come anticipato per Schumann il linguaggio utilizzato non è in sé autoreferenziale ma rimanda, nelle intenzioni, a codici artistici dissimili – poesia, pittura – di cui prende forme e sviluppi, anticipando modalità creative più tardo romantiche. Non sorprende come dunque in particolare in cicli come il presente ci si trovi di fronte a quelli che potrebbero essere considerati dei leopardiani ‘piccoli idilli’ in musica, mimesi di immagini, pensieri e affetti.
Des Abends (La sera), è un dipinto illuminato da una soave melodia su un cullante accompagnamento. Nel crepuscolo incantato appare il tema di Clara con la sua increspatura cromatica. Nella sera il musicista contempla la bellezza della natura e rivolge il suo pensiero più segreto all’amata compagna.
Radicalmente diverso è il seguente Aufschwung (Slancio), dominato dal carattere di Florestano, nel suo inquieto ed appassionato disegno. Non muta lo spirito travolgente nel secondo episodio del brano che ripropone, tra le righe il citato motto.
La pagina tempestosa è di una scrittura tipicamente schumanniana, fatta di improvvise accensioni e ripiegamenti, di esaltazione ed abbandono in un alternarsi e rincorrersi, fino a sovrapporsi contrappuntisticamente, di episodi tenuti assieme dall’impetuoso slancio iniziale.
Warum? (Perché?) è il quadro successivo, caratterizzato da un elegante compenetrazione tra il ritmo sincopato, dell’accompagnamento, e la distesa melodia, quasi vocale. Anche qui, con lievi varianti, la protagonista è Clara che, con il suo tema in forma retrograda, domina su ampie sezioni di questo accurato duetto, nel quale i protagonisti si interrogano reciprocamente.
Grillen (Capricci) quarto brano del ciclo, dal piglio deciso, si contrappone al precedente numero proponendoci una ulteriore incarnazione del tema in una nuova variante retrograda.
Climax e anticlimax
Nonostante l’unitarietà sottile, non si può non scorgere nel quinto brano della serie un culmine espressivo che suddivide ulteriormente l’opera in due sottogruppi. Infatti per dimensioni e caratteristiche idiomatiche il brano In der Nacht segna il massimo climax della composizione che poi inizia un percorso quasi a ritroso verso una ritrovata seppur illusoria distensione.
Nella notte è una pagina nella quale serpeggia il tormento onirico tra impetusi cromatismi e spunti melodici affioranti dalle improvvise lacerazioni di un tempestoso continuum sonoro che assume il carattere di una ballata chopiniana. Schumann stesso ha rivelato che In der Nacht è ispirato al mito di Ero e Leandro separati da un mare in tempesta, trasposizione forse del suo amore tormentato per Clara simbolo del desiderio di una pienezza emotiva che pare sempre ineffabile.
In Fabel (Favola) ancora una volta il primo attore è l’inquieto spirito schumanniano. Un’idea calma e sognante si alterna ad un frammento celere e guizzante in un turbinio di movenze che mima perfettamente il dualismo intellettuale dell’autore. Il compositore si interroga nuovamente sull’enigma della realtà, fatta di aspirazioni e delusioni, senza riuscire nell’intento di una ricomposizione; una disillusione che si avverte anche nel successivo Traumes Wirren (Allucinazioni), il quale insiste su un forte contrasto, tra un disegno ostinato e un breve corale interno.
Il conclusivo Ende von Lied (Fine del Canto) si apre con una nobile melodia, di solennità quasi organistica, interrotta da episodi diversi e divaganti e poi ricomposta nell’ennesimo tentativo di pacificazione tra gli opposti che parzialmente avviene solo nella coda, ove riemerge, solo brevemente, il tema iniziale, confermando l’impossibilità, per il poeta-musicista, di dare una risposta unitaria alle profonde contraddizioni dell’esistenza umana.
A cura di Cesare Marinacci