Pier Mazzoleni torna con un disco che merita attenzione e ascolto, il video di lancio il VOLO. L’Album Gente di terra parla di popolo e del proprio appartenere ad una terra madre…
Pier Mazzoleni torna con un disco che merita attenzione e ascolto. Probabilmente diremmo noi che il video di lancio – il singolo Volo che vi abbiamo presentato questa mattina – non rende merito e giustizia ad un disco che non sembra essere così moderno e digitale come fanno invece le immagini. Questo Gente di terra parla di popolo e del proprio appartenere ad una terra madre, parla di origini, di sogni e di ideali…quello che Mazzoleni condanna o racconta tra le righe è un presente privo di ispirazione e creatività. Un disco “classico” se vogliamo ma sicuramente intenso di contenuti da raggiungere con impegno e devozione. L’intervista per gli amici di Blog Della Musica:
“Volo”. Un viaggio intimo verso se stessi. Un viaggio da fare sospesi da terra?
“Volo” è stato una scelta ponderata, perché la canzone è arrivata all’ultimo minuto. Non doveva esserci in questo album. Poi, un testo appena abbozzato e la voglia di immaginare un viaggio per aria, hanno dato vita a una sfilza di idee. Quel che tu definisci viaggio intimo, altro non è che il bisogno di fermarsi per guardarsi dentro mentre intorno il mondo scorre veloce, nella routine e la normalità. Cioè, quando tutti cercano le loro risposte all’esterno, è bello rannicchiarsi e scoprire che anche la più piccola emozione ce l’abbiamo dentro: la persona evolve quando comprende che per stare bene deve cercare in se stessa. Il viaggio è scoperta, già per sua natura è innalzamento. E, spesso, non c’è bisogno di volare per capire, il volo è inteso come confortevole metafora, un pretesto per riflettere sulla condizione attuale di ognuno… per elevarsi basta essere un po’ visionari e lasciarsi guidare dall’istinto. Com’era al tempo della pietra che ci si annusava, ci si scambiava occhiate per intendersi.
Nel video che troviamo in rete e che abbiamo presentato anche noi, ricorrono il mare e il velo bianco. Simbologie o casualità?
Forse tutte e due. O meglio. Il mare per quanto mi riguarda è, in assoluto, l’emblema del viaggio, è il grande spazio che più mi assomiglia: coccolati dalle sue onde si può percorrere tutto il globo. Il mare non è una superficie ingenua, tutt’altro. Sa cosa fare e soprattutto sa con chi a a che fare… come un cavallo comprende chi sale sulla sua groppa e lo mette alla prova accarezzandolo o sbattendolo da una parte all’altra. Il velo è simbolo di purezza, almeno un certo tipo di velo. E bisogna esser genuini, sinceri e ricercatori per desiderare di viaggiare. Credo che non ci sia stato spazio per la casualità in questo lavoro frutto di valutazioni e di scelte precise. Poi entrano in gioco le coincidenze e ti accorgi di quanti sincronismi ci siano e che forse, ancora una volta, il caso è parte della vita e te lo ritrovi dietro l’angolo.
Un domanda a cavallo tra metafora e ispirazione. Si parte dalla Fisarmonica e si “finisce” al piano. In qualche modo anche questo è un viaggio dell’uomo…?
Premetto col dire che fisarmonica e pianoforte non sono soltanto due strumenti musicali; spesso sono la voce di quello che non riesco a dire a parole ma che l’emozione che suscitano in me fa urlare! E amo farmi abbracciare da certe sonorità di epoche lontane che sanno di calore, da quei lontani bandoneon argentini oggi più che mai attuali. La parola viaggio racchiude tanti significati e, certamente, anche l’intercalare degli strumenti o il vestito di una canzone, sono un viaggio dell’uomo. In questo caso dell’uomo Mazzoleni, prima che del musicista o cantore, l’uomo alla ricerca di quel vento clandestino che soffia forte. Perché la stessa vita è un viaggio, con un bellissimo itinerario da percorrere e nessuno lo può negare. Ma attenzione: è bella solo se comprendi dove ti potrebbe portare.
Nel disco c’è popolo e c’è cultura delle origini. Tu a quali origini hai attinto?
Non credo di avere origini temporali, ma solo quelle fisiche. Sono due concetti distinti e diversi tra loro. Le origini fisiche sono nel Dna, nei tratti e nel nostro essere come siamo, ogni aspetto formale che contraddistingue una persona è la sua origine. Detto questo, ti dico che nelle canzoni che scrivo come nei miei libri, non seleziono a priori il materiale che mi serve da spunto per quel progetto. Sono un affamato di mondo e l’appetito mi rende curioso e desideroso. Leggo molto, di tutto, amo vivere, parlo e faccio un sacco di cose… È chiaro che abbiamo dei maestri che ci hanno aperto delle strade, tutti ne abbiamo. Inconsapevolmente avrò coltivato un campo che continua a produrre un certo tipo di frutti ma ripeto, io credo che tutto questo sia un processo del tutto spontaneo e, se mi permetti, naturale. Sì, in questo disco c’è grandemente il concetto di popolo e sono contento tu l’abbia colto. Ma non è il popolo bue, quello di massa che vaga senza meta… quello di cui scrivo è un insieme di persone che hanno capito dove vogliono arrivare.
Ma dicci la verità: stai raccontando la gente che vedi passare o è la scusa buona per conoscere un po’ più se stessi?
La prima che hai detto. Tutta questa gente non mi lascia indifferente, sono persone multiformi e diversissime tra loro, come potrebbe non interessarmi questo fenomeno dopo averti detto che sono un affamato? Comunque è risaputo che per capire noi stessi dobbiamo guardare gli altri, osservarli anche minuziosamente, confrontare il nostro modo di fare con il loro. Fin da piccoli ci insegnano a seguire le indicazioni del gruppo… l’alternativa è di restare soli. Ed è per questo che si sviluppa una certa personalità piuttosto che un’altra. Ogni volta che scrivo cerco di attingere qualcosa di positivo dal mio lavoro, almeno una maggior consapevolezza di quel che ho fatto: e sempre poi mi confronto con me stesso e a volte mi stupisco. Nel bene e nel male. La scrittura è una voce che arriva da lontano, non ho ancora capito chi ne sia il mandante ma è qualcosa di adorabile e spero che non mi abbandoni mai.
Chiudiamo con uno sguardo a ciò che ci circonda: la tua musica e la scena indie italiana. Musica d’autore contro il mostro del commercio industriale. Secondo te chi vince?
Non sono molto per il mainstream, preferisco vivere nel piccolo borgo piuttosto che nella metropoli. Sono sempre stato così. Amo le piccole cose e non venderei mai l’anima al diavolo per un pezzo di gloria! Quel che mi circonda a volte non mi piace, non è un giudizio, solo una testimonianza dato che me lo hai chiesto. Il commerciale, è un cibo avariato che si spaccia per nouvelle cuisine. Perché ha dietro sé tutte quelle masse? Non me lo so spiegare… forse perché basta poco per avvicinarsi ma qui mi fermo. Il mio comunque è un punto di vista, tutto qui. Quando la musica va oltre, si spinge un po’ più in là, si parla di Indie… e già la catalogazione di per sé non mi piace. Catalogare significa mettere in questo o in quel cestone, come si fa nei supermercati con i prodotto in offerta! Comunque sia, di artisti interessanti ce ne sono e tutti sono fuori dalle logiche del mercato tradizionale. Chi ha qualcosa da dire, senza filtri né regole, addirittura senza un genere di appartenenza e spesso senza Santi in paradiso, sono quelli che rischiano sulla propria pelle. Quelli a cui non frega un cazzo di essere compreso per forza dai guru della Tv o dai vari talentuosi scrittori di articoli. Diciamolo… spesso questi personaggi (nella lista mi ci metto anche io per dovere o per piacere), sono cantautori che si credono figli di Dio, menestrelli che si sentono nati per cambiare il mondo. Svegliamoci! All’alba del nuovo millennio ho capito che altro non siamo che dei portatori di emozioni. Nient’altro. E la partita è già vinta! Emozioni, che già sono tre quarti del vivere. E questo è il messaggio che vorrei arrivasse: la musica e le parole non sono altro che raggi di sole sulla pelle. Senza pretese vorrei che la gente capisse le parole che dico e si fermasse per pochi minuti ad ascoltare la musica. Per smuovere anche il più piccolo muscolo o una certa sensazione. Quali altre velleità potrei avere? Mi piace pensarla così. E grazie per la chiacchierata.
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