INTERVISTA | Pupi di Surfaro: l’impegno sociale prima delle melodie

Il Nu Kombat Folk dei Pupi di Surfaro è uno stile di vita più che accordi di stile. Eccoli impegnati in prima linea in un nuovo disco dal titolo Nemo Profeta in cui il tema portate è l’impegno civile…

Impegno civile schierato di forza e di passione… lotta armata a suon di musica contro corruzione, politica inadeguata e quel maledetto sentore di essere in qualche modo controllati e guidati in una parvenza di libertà che poi tanto libertà non è, i Pupi di Surfaro portano in scena un disco che definirlo folk è un’eresia…sono le radici della Sicilia ad incontrare la trasgressione digitale europea e la libertà (vera questa volta) di espressione… testuale quanto melodica. Da questa mattina Blog Della Musica vi ha mostrato il video di lancio del singolo “Li me’ paroli”… vi consigliamo la visione e quel gusto profondo di rintracciare nel testo (rigorosamente in dialetto) e nei personaggi che arrivano la vita di ognuno di noi… senza pregiudizi. Questo è un disco che schifa i pregiudizi…

Nu kombat folk. Prima che un genere musicale sembra essere uno stile di vita. Non siete d’accordo?
Per questo noi non facciamo musica leggera. L’impegno sociale e politico è sempre stato imprescindibile nelle scelte artistiche ed umane del nostro progetto. Siamo consapevoli di ricoprire un ruolo privilegiato nella società. E crediamo di avere il dovere di restituire al mondo qualcosa di più di un semplice momento di svago o di intrattenimento musicale.
Inoltre, crediamo che ogni essere umano debba avere la capacità di sviluppare uno spirito di azione critica, pensando che ogni nostro piccolo gesto, apparentemente insignificante, possa avere degli effetti anche molto profondi per il destino del mondo intero.

Musica sociale… con i Pupi di Surfaro si torna a dare questo grande peso alla musica. Secondo voi il pubblico come risponde?
Il nostro Nu Kombat Folk si fa carico di una responsabilità e di una eredità molto importante. Dai Clash ai Modena City Ramblers, da Woody Ghutrie a Bob Dylan, da Fabrizio De André ai 99 Posse e a Caparezza. Il pubblico c’è e risponde bene, associando all’ascolto ed alla semplice fruizione una grande carica di energia e di entusiasmo che solo la musica riesce a dare. La scommessa è quella che la musica possa riuscire ad uscire fuori dalla musica. Che la musica possa recuperare la sua capacità di influenzare la società, di essere profondamente incisiva. Forse la musica si dovrebbe prendere un po’ più sul serio.

Mafie, guerre, strumentazioni politiche. Anche voi siete dell’idea che il sistema governa affinché tutti saremo pronti per essere manovrati?
Storicamente, in tutte le civiltà, il sistema ha sempre esercitato un controllo sull’individuo. E per sistema vogliamo intendere tutte quelle strutture o organi politici, statali, ufficiali e non, anche clandestini, illegali e malavitosi, che hanno la necessità e l’obbiettivo di uniformare e creare un esercito di consumatori asserviti ai loro interessi palesi e nascosti.
Il fatto è che spesso l’individuo ha bisogno di essere controllato, istruito, governato, perché l’individuo è parte integrante, e le proprie necessità, velleità, limiti e debolezze sono integrate e soddisfatte dal sistema stesso.
Noi crediamo che in primo luogo sia proprio il compito degli artisti quello di insinuare, far scricchiolare, tremare e destabilizzare tutte le certezze, le strutture e le sovrastrutture che i vari sistemi creano e di cui i sistemi si nutrono.

Dai suoni classici delle vostre origini questo disco si contamina tanto di elettronica e una qualche radice di dub. Come mai questa scelta?
Abbiamo iniziato con il folk. Sentivamo il bisogno di approfondire la ricerca della musica tradizionale della nostra terra. La sperimentazione è sempre stata la chiave di rilettura del nostro repertorio tradizionale. Negli anni, diversi passaggi hanno segnato il nostro percorso attraverso la ricerca di un nostro stile personale. Pensavamo fosse necessario rinnovarci, elaborare un linguaggio contemporaneo, attuale. Abbiamo lavorato per trovare uno stile riconoscibile. Le contaminazioni, le fonti di ispirazione ed i punti di riferimento sono impossibili da elencare. Ci abbiamo messo tutto quello che potevamo, cercando di arrivare ad uno stile nostro, originale.
Pupi di Surfaro è progetto radicato nel passato, che vive nel presente e proiettato nel futuro.

Non abbiamo trovato il vostro disco sui tradizionali canali. Non c’è su Spotify ne su iTunes…come mai?
Abbiamo intrapreso un lungo e articolato percorso di rinnovamento e professionalizzazione, coinvolgendo amici e professionisti molto preparati, ma anche appassionati. Ci manca ancora qualche pezzo. Ma saremo presenti ovunque. Vogliamo arrivare dritti al cuore della gente e useremo tutti i canali che potremmo avere a disposizione.

Uscire con un disco oggi che significa? Ed uscire con un disco simile… che significa?
Uscire con un disco oggi significa concretizzare i nostro lavoro. Non credo che i Pupi di Surfaro potrebbero fare mai a meno del disco. E spero che non si arriverà mai a quel punto.
Uscire con un disco come il nostro significa voler gridare in faccia al mondo chi siamo, cosa siamo. Voler essere riconosciuti, per quello che siamo. È un disco che ha voglia di essere ascoltato. Un disco che non ha paura di apparire imperfetto, contraddittorio, controverso. Un disco che non nasce per piacere al pubblico, ma che non può fare a meno del pubblico. Un disco che vuole incontrare e si vuole scontrare con la gente.

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