Rocket House: il self-title debut album | Recensione

Il disco dei Rocket House

I giovanissimi Francesco Staccioli e Riccardo Gresino fondatori dei Rocket House hanno dato alle stampe il loro self-title debut album. Ecco la nostra recensione.

Il disco dei Rocket House
Il disco dei Rocket House

Ascoltando il disco dei Rocket House senza averli visti, hai l’idea di ascoltare una big band di esperti cinquantenni con una lunga carriera alle spalle, che suonano con la camicia arrotolata e riescono a partire a tempo senza neppure guardarsi. Poi vai a vedere i loro video su YouTube e scopri che sono giovanissimi! Chapeau!

Si tratta di un collettivo, fondato da Francesco Staccioli e Riccardo Gresino. Due italiani, vincitori di una borsa di studio al Berklee College of Music a Boston. Da lì, hanno chiamato musicisti provenienti da tutto il mondo: Ghana, Indonesia, Colombia, Cile, Stati Uniti, Polonia, Spagna e Hong Kong. Tutti insieme per fare jazz! Influenze soul e funk, in una fusion dove tutti si sentono a casa. Da qui, il nome della band è diventato anche il nome dell’album. Questi ragazzi dunque, stanno portando avanti quel fenomeno di continuo scambio di esperienze cosmopolite, codificato a inizio Novecento, che è lo spirito di sempre del jazz.

Nei sette brani del disco, non ci sono passaggi free sperimentali, né dissonanze d’avanguardia. Si potrebbe dire, con un doppio ossimoro, che ci si trovi di fronte ad un “classic modern jazz”, per il fatto di riportare in auge stili ormai consolidati dagli anni ’70, a partire da formazioni storiche come quella dei Weather Report. Di groove ce n’è a pacchi, e le musiche si mantengono fresche, a partire da Street food: assolo di basso, parti all’unisono con i fiati, insomma tutto quello che puoi desiderare!

New Habit è trainata da un tema principale che starebbe benissimo come sigla di una sitcom afroamericana, di quelle nelle case di lusso a New York. Si fa ricordare qui l’assolo di pianoforte.

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Altro pezzo che dà quest’impressione di “sigla” è il penultimo, Space Lizard. Fusion che strizza l’occhio alla lounge, coi suoi accordi di settima maggiore; un assolo di chitarra che prende da Larry Carlton; squisiti stacchi ritmici, emiolie (terzine) e altro ancora. Gasa come Round D Minor, nota a tutti come la sigla del Grand Prix su Italia 1. Lo so che vi mettete a ridere se parlo delle sigle tv di Augusto Martelli: non riusciamo a scollegare le musiche dalla loro funzione commerciale, come se questa le svilisse. Ma provate a suonare “Ok il prezzo è giusto” e poi ne riparliamo –  io ci provo da 20 anni!

Il fatto che i Rocket House non cerchino le dissonanze a tutti i costi, non significa che non cerchino di guardare avanti. Lo testimonia aver scelto di incidere Brian cover di Alfa Mist, che inizia con un loop di coraggiose progressioni armoniche alla tastiera, che poi diventano degli staccati dei fiati e basso che fan venir voglia di ballare, corroborati da batteria e percussioni. A sorpresa, a metà brano c’è l’ospite Tristan Simone, che avvia un rap vecchia scuola, accompagnato da arpeggi synth che sembrano provenire dalla colonna sonora di “Midnight Gospel” (serie animata di Netflix che consiglio ad ogni essere umano).

Ci sono anche le fasi soft, in Growing shell e Drill a star. La prima inizia con un’atmosfera sognante, poi gradualmente si accende, portando all’assolo di vibrafono. La seconda è ritmata anche quando è soffice; poi la batteria parte col rullante in battere, mentre la chitarra accende il pedale wah wah.

Il brano finale è esaltante, The Haviland house. Qui si sente tantissimo soul, e un tema cantabile (ma “cantato” dagli strumenti) che anche questo si farà ricordare.

Ciò che colpisce è la vena melodica. Nonostante le ampie fasi di assolo, nulla è lasciato al caso. Non si perde d’occhio l’orecchiabilità, però senza mai diventare ruffiani.

Se non l’hanno già fatto, i Rocket House potrebbero affiancare i Vulfpeck, seppure questi ultimi siano più specializzati nel funky.

Buona fortuna, ai ragazzi della casa razzo!

Ascolta il disco di debutto dei Rocket House su Spotify

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