Scott Walker. Un ultrasettantenne visionario

Scott Walker, 72 anni e ancora uno spirito eccezionale. Negli ultimi 20 anni ha sfornato 4 veri album, compreso uno con i SUNN O)))). Da gustare nella loro immensità…

Succede sempre più spesso di accostare il buon vino ai cantanti. Migliorano con gli anni. E a 72 anni Scott Walker è uno spirito eccezionale. Da centellinare, come egli fa con i suoi (veri) album, 4 negli ultimi 20 anni. Da scoprire, lasciar decantare, per poi gustare nella loro immensità.

La storia di Scott Walker

Un percorso lungo, il suo. Scott Walker nasce statunitense ma fa fortuna con i suoi fratelli nella perfida Albione, tanto da far parte di quel contingente allora chiamato British invasion. La sua è una voce calda, e il pop melodico ed orchestrale a presa rapida fa sfracelli fra le ragazzine degli anni 60. Ma il suo obiettivo è un altro e lo comunica al mondo dopo aver indossato un paio di scurissimi occhiali neri ed aver reso noto il suo viscerale amore per Jacques Brel e nel 1967 pubblica il suo primo disco da solista intitolato semplicemente SCOTT.

Il riscontro del pubblico è notevole, così come per il secondo lavoro, intitolato SCOTT 2, in cui osa di più inserendo nei pezzi toni operistici e leggiadri.

L’album Scott 3

Con il terzo album solista (indovinate… SCOTT 3) sente che può e deve fare di più. Esalta la sua figura di dark crooner con brani come FUNERAL TANGO e IT’S RAINING TODAY le cui armonie si fanno quasi atonali. In altre zone dell’album le atmosfere sono scarne, in altre ai confini di una dolorosa psichedelia. Ogni regola del pop è disattesa, ogni luce abbassata, ogni frase declamata con voce baritonale. Basterebbero questi album per fare di Scott Walker un genio e un precursore (di Bowie per esempio, che riprenderà MY DEATH e AMSTERDAM, che in futuro riprenderanno anche alcuni ragazzi fiorentini…).

… e Scott 4

Ma la storia e la gloria non è di chi si accontenta e, nello stesso anno 1969, fa uscire un altro album: SCOTT4. L’originalità non sta certo nei titoli, ma nel contenuto sonoro di questo disco che è il suo primo e vero capolavoro, dove Scott porta all’estremo la sua personale concezione di canzone, di poesia e di musica. Le canzoni sono rarefatte, plumbee, pulsanti.

A volte sostenute da sezioni ritmiche portentose, come nel caso di OLD MAN’S BACK AGAIN, a volte gli strumenti sono appena percettibili, a volte sono cupissime. Ma…ma c’è un ma! Il pubblico per un disco come questo non c’è. E se i lavori precedenti avevano raggiunto i vertici delle classifiche di vendita, questo 4 non riesce nemmeno ad entrare nelle zone basse delle classifiche.

Un flop. Un flop che fa deporre a Scott l’eroico furore e che lo porta a proporre album banali e deludenti, per i quali non utilizza più la numerazione progressiva.

Passano gli anni ma 8 son lunghi, diceva una nota canzone italiana, il cui titolo citava una strada intitolata ad un grandissimo musicista, e qualche, lieve, segnale di vita si riscontra.

NITE FLIGHTS, disco del 1978 uscito a nome WALKER BROTHERS, è quello in cui si possono ascoltare 4 canzoni firmate e cantate da Scott, ispirate al periodo berlinese di Bowie, rese memorabili da taglienti assoli di chitarra sormontati dalla sua straniante voce. Ma il lavoro è dei fratelli, e questo implica che il resto del catalogo è piuttosto sottotono e la reunion è di brevissima durata.

Il ritiro di Scott Walker

Scott a questo punto si ritira. Per sei anni. Medita e scrive canzoni che andranno a confluire nello splendido CLIMATE OF HUNTER, dove, nel pezzo di chiusura si può anche sentire la chitarra di Mark Knopfler. Un ritorno quasi inaspettato, che può solo far immaginare quanto ci proporrà in futuro questo signore di 42 anni, ormai senza pubblico. Perlomeno quello che viene definito grande pubblico.

Non si hanno notizie di lui per 11 anni. Nel 1995 esce TILT e le bocche rimangono aperte. Spalancate. L’eterea bellezza di FARMER IN THE CITY, dedicata a Pier Paolo Pasolini, è incastonata fra clangori post industriali e sibili di vento. Un disco terribile e bellissimo, grondante di antimateria, partorito in chissà quale buco nero della galassia mentale malata di Scott Walker che concepisce come immagine di copertina un composto di fango, bolle e catrame. Nel 1999 esce POLA X, colonna sonora di un misconosciuto film francese. Ignoratelo. Del film non so che dirvi, dell’album ribadisco il concetto: ignorabile.

Il ritorno

Dopo altri 11 anni da TILT esce una nuova prova della genialità di Scott. THE DRIFT, che non è scioccante come il precedente ma è più solido e compatto. Nel senso che è ancora più devastante. Nei suoni, negli umori, nella sua teatralità esasperata, nel suo finale, inaspettato, fatto di sola voce e chitarra acustica. Un anno dopo, un’altra colonna sonora, questa volta per un balletto, interamente strumentale. Interessante, soprattutto per chi apprezza band come gli ONEIDA.

Ma è con BISH BOSCH, del 2012, che Scott Walker compie un ulteriore passo verso il mito. Il Bosch citato nel titolo è quel Hyeronimus pittore visionario che ognuno di voi dovrebbe conoscere (c’è sempre google a disposizione …oppure una buona biblioteca, dirigersi nel settore dedicato alle arti figurative). È il caos a dominare il nuovo lavoro, inteso non come disordine, bensì come stato d’animo d’inquietudine creativa e generatrice. Ne sono testimonianze le percussioni tribali, i rumori, le chitarre trattate, le voci, i fiati, i violini, i cigolii contenuti nel disco. Dalla copertina nera. Rigorosa. Unica concessione è il titolo, scritto con lettere bianche.

Dopo due anni, a sorpresa e a conferma delle voci che si rincorrevano da tempo, Scott fa uscire un disco con uno dei gruppi più interessanti emersi all’alba del nuovo millennio, i SUNN O)))).

Questi fanno metal con i drones, creano ritmiche con i ronzii delle macchine e si mettono al servizio di Sua Baritonalità, Scott Walker, producendo pattern, distorsioni, suoni inauditi. Un disco pesante, poco digeribile, allucinato, fuori da ogni normalità. Da assumere dietro prescrizione medica. Da avere assolutamente, per potersi ancora una volta chiedere: e nel prossimo disco cosa ci proporrà, questo ultrasettantenne?

Vittorio

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