INTERVISTA | Silek: Carnival, “il primo disco di Simone”

Silek è un rapper padovano con molta esperienza, molte cose da dire, una tecnica notevole e un disco nuovo, Carnival, molto più personale dei precedenti. Lo abbiamo intervistato.

Ciao Silek e benvenuto su Blog della Musica. Carnival è “il primo disco di Simone”, secondo la tua definizione. In che senso?
Nel rap si gioca molto con il personaggio, con l’alterego che uno si prende e coltiva. Spesso la mia composizione ha avuto temi molto sociali, era la “missione” di Silek, se vuoi una fuga, perché la creatività per tutti in qualche modo lo è.

In Carnival c’è il mio bisogno di scrivere, di non fuggire più, di sentire le mie emozioni per quello che erano, c’è poca o zero analisi sociale, guarda dentro, mettendo a nudo cose imbarazzanti per quanto reali.
Ci sono parti della mia vita dei tre mesi di composizione molto intense, notti insonni, molti dubbi, nessuna certezza.

In “Cadeau” c’è un dolore profondo, in “Finestre” la speranza più viva, in “Amabili resti” la disillusione, in “Cobalto” un tributo a mia madre, che mai avrei pensato di scrivere, ma è venuta. Silek non lo avrebbe mai fatto.

Siamo in tempo di maschere e di mascherine. Quali sono le maschere di cui parla Carnival?
Ognuno di noi bene o male ne indossa una, per difesa e per modalità di relazione con gli altri, sono i ruoli, l’idea che gli altri vogliamo abbiano di noi. Spesso si racconta di sé raccontando la proiezione di un io immaginario, siamo scissi tra desiderio e realtà, tra fragilità e il miglior modo di non esserlo.
Alla fine l’unico modo possibile è accettare la fragilità stessa togliendosi la maschera lasciando respirare la persona rischiando così di diventare forti davvero.

Hai fatto un disco molto forte e anche abbastanza crudo. È la fotografia di un momento oppure un condensato anche delle esperienze precedenti?
La prima, è stata una polaroid di tre mesi con tanti stati d’animo diversi che ha portato nello stesso frangente emozioni differenti spesso antagoniste, distanti ma tutte reali. Carnival non doveva esserci, o non ora, è nato da un’esigenza, che poi alla fine è il fulcro del Rap, dammi un beat che faccio le rime, io avevo queste rime, questi temi, non altro.

Qual è il brano del disco al quale sei più legato e perché?
“Finestre”. È stato uno sprazzo di ottimismo, di apertura, di un approccio alle cose che voglio ritrovare e tenermi stretto, era reale nel momento e pieno di speranza. Forse è l’unico brano che ho scritto che nasce da emozioni positive e non dalla negatività. Era un me nuovo che mi auguro torni presto e prenda il sopravvento.

Hai scritto “Quarantema” per dare una visione non troppo ottimista della situazione. Come te la sei vissuta, la quarantena?
“Quarantema” è acida e dissacrante come la mia parte più rompicoglioni spesso impone, è una specie di black humor, ma in realtà c’è una linea di ironia, acida appunto, che in realtà mi salva. Mi faceva “ridere” questa fratellanza umana, questa empatia (patogena), solo ora che eravamo tutti nella merda, quando invece fino al mese prima chi stava bene non testimoniava alcun tipo di empatia verso il dolore dell’altro.

Ora si urlava #andratuttobene prima #chiudiamoiporti, ora si cantava in terrazzo prima ci si lasciava i bigliettini per la macchina parcheggiata male. Credo abbia fatto bene, ma torneremo come prima alla svelta ...fingiamo d’amarci ..tanto poi è uguale… Rispondendo alla domanda, me la sono vissuta male, il tema della libertà personale è delicato per tutti, per me particolarmente. Ho ordinato varie cose online per il mio homestudio e praticamente chiuso un altro minialbum che un domani uscirà. Che dovevo fare?

Ascolta Carnival di Silek su Spotify

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