Simona Marchesi, artista appassionata e da sempre impegnata nell’attività didattica e in quella concertistica, è la protagonista della nuova pubblicazione di Stradivarius dal titolo Quel che l’arpa dice. L’abbiamo intervistata per saperne di più su di lei e su questo interessante disco…
Benvenuta Simona Marchesi su Blog della Musica. Ha iniziato studiando pianoforte con sua mamma, com’è avere un genitore per insegnante?
Direi non sempre facile ma molto efficace. Ho sviluppato negli anni crescendo una grande ammirazione per mia mamma. Ritengo che fosse una musicista completa. Ci ha trasmesso una grande passione oltre che, attraverso il suo esempio, la perseveranza e la disciplina, qualità assolutamente necessarie per un musicista. A mia volta ho seguito con grande tenacia i miei 3 figli indirizzandoli alla musica fin dall’età molto precoce dei 3 anni, operazione non semplice ma devo dire di grande gratificazione.
Come è avvenuto invece il passaggio dal pianoforte all’Arpa che diventerà poi il “suo” strumento?
Era un passaggio obbligato entrare in Conservatorio, ma non fui presa nelle classi di pianoforte per un sovrannumero di iscritti, pertanto fui costretta a scegliere fra più strumenti. La scelta dell’arpa fu davvero casuale, fui semplicemente sedotta dal suo fascino estetico e dalla soavità del suono.
Moltissimi concerti in tutto il mondo ma senza tralasciare mai la didattica e l’insegnamento soprattutto ai bambini: passione o vocazione? O entrambe?
La didattica… assolutamente una vocazione! Sono una emotiva e fare la concertista non è mai stato il mio obiettivo pur amando suonare. Trovavo più interessante e mi ha sempre affascinato potere trasferire ciò che avevo avuto la fortuna di ricevere dai miei genitori. Ho vissuto nella ricchezza di più forme d’arte e ho potuto godere di tanta “ bellezza”. Amo i bambini e sono assolutamente convinta che ogni essere umano abbia grande talento. Il mio lavoro è proprio quello di coltivare questo talento educando i bambini fin dall’età prescolare, a sviluppare, attraverso la musica, tutto il potenziale intellettivo, creativo ed emotivo di cui sono capaci.
Mi incuriosisce sapere anche come è avvenuto l’incontro e la successiva collaborazione, sempre per quanto riguarda la didattica, con Anna Modesti.
Anna Modesti era una compagna ai tempi del liceo alla Civica Scuola di Musica di Milano. Ci rincontrammo dopo tanti anni alla scuola Suzuki di Milano dove insegnava violino e dove portai il mio primo figlio a 4 anni che diventò naturalmente suo allievo. Avevamo in comune gli stessi ideali. Cariche di energie, complici e complementari, animate da passione e grande fiducia nei bambini e nelle loro potenzialità, abbiamo unito le forze per formare orchestre di bambini su progetti di grande attualità ed efficacia didattica, ottenendo fantastici risultati e successi. Grande ricercatrice nel campo della didattica e delle neuro scienze connesse all’apprendimento della musica e docente di violino e didattica presso il Conservatorio della Svizzera Italiana, Anna Modesti ha sempre trasmesso e condiviso le sue conoscenze con la medesima passione stimolando così parecchi giovani aspiranti insegnanti e come me ha dedicato tutta la sua professionalità e tante energie nella formazione musicale degli allievi. Nel contempo ho fondato nel 2005 la mia Accademia Musicale che ha visto crescere altrettanti talenti.
Per Stradivarius, prestigiosa etichetta musicale, è uscito il tuo disco Quel che l’arpa dice, una antologia di brani di diversi autori. Ci parlerebbe di come è nata l’idea di questo disco?
Il desiderio di far conoscere uno degli strumenti più affascinanti e complessi lungo l’arco di 3 secoli partendo dall’epoca barocca con Händel e Paradisi passando attraverso lo stile galante di C.Ph.E. Bach per arrivare prima al periodo romantico di arpisti compositori che hanno esaltato le potenzialità di uno strumento in continua evoluzione e poi ai grandi rari compositori che nel ‘900 hanno dedicato la loro attenzione all’arpa quali Fauré e Debussy.
Uno dei brani presenti è la Sonata per arpa di Hindemith, una composizione molto importante della letteratura arpistica. Come mai la scelta è caduta su questo autore?
Per completare il percorso iniziato da Händel non potevo non arrivare a Hindemith con la sua cattedratica sonata per arpa che per struttura fa respirare aria di contrappunto bachiano. Non può mancare questa sonata nel repertorio di una arpista. Direi che questa sonata contribuisce a creare quell’armonia di contrasti che rende anche la sequenza dei brani interessante giacché Hindemith spoglia l’arpa dei suoi arpeggi liquescenti nei quali romantici e tardo romantici l’avevano avvolta, cambiando la modalità di esecuzione. In questo periodo della sua vita Hindemith sentiva l’esigenza di creare musica che potesse essere compresa da tutti pertanto si attiva per semplificare il suo stile contrappuntistico rendendo la trama più trasparente, più cantabile ed espressiva evitando le asprezze sottolineando maggiormente gli aspetti tonali. La genialità è la capacità di trasformazione della materia che può avere mille forme e che esprime sempre l’anima e le radici dell’artista e del momento storico in cui vive.
Vuole parlarci della Fondazione che ha creato e che porta il nome di suo padre Gualtiero Marchesi. Di cosa si occupa e cosa si prefigge?
La Fondazione Gualtiero Marchesi nasce con gli ottant’anni di Gualtiero Marchesi dal desiderio della famiglia di proteggere, conservare e trasmettere un ricco patrimonio artistico familiare attraverso il quale ispirare e attuare un cambiamento responsabile nella società educando al bello e coltivando il gusto fin dalla più tenera età. I progetti artistico culturali sono una interazione tra musica, cucina, pittura e scultura e si articolano intorno alla presenza e alla progettazione didattica e formativa dell’Accademia di Alta Cucina Marchesi e della Accademia Musicale Amadeus. “Il bello è il buono”, attorno a questo assioma ruota la Fondazione. Per mio padre la cucina era immagine, arte e musica. L’arte nel doppio senso di mestiere e di creatività. Le finalità che animano l’attività della Fondazione riguardano il coinvolgimento e la valorizzazione delle eccellenze culturali sul territorio con particolare attenzione ad un’offerta culturale che abbia come obiettivo primario la formazione del gusto in tutte le sue manifestazioni. Per riuscire in questo intento Gualtiero Marchesi ha scelto di riunire nel Comitato Scientifico alcuni dei nomi più autorevoli dello scenario culturale italiano.
Simona vorremmo chiedere anche a lei un consiglio da dare ai giovani musicisti che vogliono dedicare la loro vita alla musica, visto anche il momento delicato che stiamo vivendo come società per causa del Covid-19.
Mi è molto difficile rispondere all’ultima domanda in questo momento così precario per molte attività e soprattutto per quelle culturali per le quali c’è veramente poca attenzione… Come ho fatto con i miei figli, che lavorano in Germania e nel resto d’Europa, consiglio anche alle mie allieve di espatriare perfezionandosi all’estero dove le sale da concerto sono tante e gli spettatori anche. La musica fa parte della cultura ed è un diritto di tutti! I giovani musicisti oltre che a studiare la musica in tutta la sua ricchezza studino anche come COMBATTERE l’ignoranza dei sistemi che la governano affinché questa possa risorgere ed essere valorizzata in quanto importante patrimonio culturale. D’altro canto studiare musica, mi ripeto, è una fondamentale disciplina educativa e l’unica in grado di attivare tutte le aree del nostro cervello, pertanto di grande formazione delle capacità intellettive e non solo. Mi augurerei che la musica fosse presa in seria considerazione e soprattutto in modo competente per poterla diffondere fin dalla scuola dell’infanzia.
Grazie a Simona Marchesi per aver trascorso alcuni momenti con Blog della Musica.
Ascolta Quel che l’arpa dice di Simona Marchesi su Spotify
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