Conosci il K-Pop? Dopo il successo di qualche anno fa di Gangnam Style di PSY si è iniziato a parlare di questo genere musicale, e noi oggi vogliamo provare a raccontare la storia del K-Pop grazie all’articolo di Anna Turco
Oggi affrontiamo la storia del K-Pop: K da “korean” e pop da “pop music”, il K-Pop non è altro che musica pop in lingua coreana. Spesso, però, quando si parla di K-Pop, non si ci riferisce al semplice genere musicale ma alla sua industria culturale che, con i suoi sottosistemi e le sue strategie di marketing, si distingue per certi aspetti dall’industria musicale occidentale.
Dopo il boom mediatico che la hit Gangnam Style di PSY ha avuto nel 2012, si iniziò a lanciare più di un fugace sguardo al mondo da cui lui proveniva, il K-Pop. Eppure sarà solo nel 2016 con l’approdo dei BTS negli USA, grazie all’ engagement sui social network che gli fece guadagnare il premio “Top Social Artist” ai BBMA, che si inizierà a parlare di K-Pop anche nel mondo musicale occidentale e smettere così di rimanere confinato in Asia Orientale. Già in passato altri artisti K-Pop come Girls’ Generation e Wonder Girls avevano provato a conquistare il tanto agognato pubblico statunitense.
L’arrivo degli USA e la storia del K-Pop
Diversamente da quello che si pensa, la storia del K-Pop non è recente e ha forti influenze statunitensi, secondo lo studioso Park Gil-sung anche giapponesi. Si cominciarono a vederne i germogli sul finire degli anni ’80, con la fusione di musica e danza, dopo un lungo periodo di contatti con gli Stati Uniti che nel periodo post-liberazione “invase” la Corea del Sud e creò qui delle basi militari. Pertanto, gli anni ’80 furono cruciali per lo sviluppo della nazione con l’apertura economica e tecnologica, essenziale per il cambiamento avvenuto nel mercato musicale coreano.
La data della nascita del K-Pop viene ufficialmente individuata nel 1992 con il debutto del trio chiamato Seo Taiji and Boys con il singolo “난 알아요 (I Know)”: dal loro debutto inizieranno a sorgere le prime agenzie di talenti e i primi artisti K-Pop, gli Idol. Prodotti e promossi da se stessi, questi tre giovani coreani sconvolsero la Corea del Sud con le loro canzoni dance, ritmiche e con testi semplici, che ricordavano moltissimo ai coreani le hit che in quegli anni gli Stati Uniti produceva. Il trio propose non solo la fusione fra musica e danza, ma anche quella fra la musica tradizionale coreana e quella statunitense, alla quale aggiunsero un pizzico di colori e eccentricità.
L’uso di generi e melodie che venivano dall’occidente aveva un solo scopo: il riconoscimento a livello globale della propria musica nazionale. Questa “appropriazione” non è mai stata ben vista: il K-Pop viene ancora aspramente criticato per essere un genere fasullo e non originale in quanto “copia” di trend occidentali. Tuttavia, quello che fa il K-Pop non è copiare: Lee Soo-Man, fondatore della prima agenzia di talenti coreana, la SM Entertainment (1996), fu il primo ad utilizzare la strategia della “creatività fabbricata” nella creazione di un gruppo o di un’artista.
In breve, Lee affidava, e lo fa ancora tutt’oggi, la produzione di una base musicale a compositori e produttori occidentali per poi passarla sotto il suo scrutinio. La base musicale non sarebbe mai arrivata nelle mani dell’artista o del gruppo così com’era stata progettata in occidente, ma solo dopo lunghi processi di rifinitura, mastering e assemblaggio ai quali Lee partecipava.
L’obiettivo era quello di creare una hit con le potenzialità di diventare globale, ma orecchiabile per i fan del K-Pop; una canzone K-Pop ha quel qualcosa in più che rende il prodotto originale e diverso.
Il K-Pop, però, non è mai stato così come lo vediamo oggi, è cambiato e si è evoluto nel tempo: alcuni studiosi hanno suddiviso questi 28 anni di musica pop coreana in 5 generazioni; ognuna di esse ha il suo stile distintivo ed ha apportato diverse innovazioni che non troviamo in occidente. Tale divisione della storia del K-Pop è la più quotata anche se non condivisa da tutti.
Prima generazione (1992 – 2003)
La prima generazione (1992 – 2003) sperimentò di più con le sonorità e le melodie ed introdusse i fanchant (cori cantati dai fan durante le esibizioni live). Gli artisti rappresentanti di questa generazione sono il gruppo maschile H.O.T. della sopracitata SM Entertainment: furono loro nel 1996 a creare la fan-mania e rendere il K-Pop conosciuto nei Paesi circostanti. Questa generazione piena di colori, canzoni semplici ed orecchiabili, spazzò la malinconia di un passato fatto di guerre, soprusi ed invasioni.
Seconda generazione (2004 – 2007)
La seconda generazione (2004 – 2007) portò avanti una ricerca sulle tendenze che più si adattavano all’immagine del proprio gruppo, con qualche ritorno alla sperimentazione qui e lì, e l’uso di nuove piattaforme online e dei social network, come il neonato YouTube. La SM Ent. giocò un ruolo fondamentale anche in questi anni, presentando i suoi cavalli di battaglia: TVXQ, BoA e Girls’ Generation. Essi sono riconosciuti come colonne portanti dell’intera industria e sono ancora oggi attivi come artisti. Questa generazione introdusse la produzione di album in lingua giapponese – il Giappone detiene uno dei mercati musicali più importanti – e la posizione fissa del rapper in ogni gruppo, sia femminile che maschile.
Terza generazione (2008 – 2012)
Con la terza generazione (2008 – 2012) si ebbe un ritorno alla sperimentazione della prima e l’introduzione dei famosi concept, una strategia di fabbricazione del tutta targata K-Pop, grazie alla quale il prodotto musicale viene creato sulla base di un concetto o un’idea. Ad esso è dedicato un approfondimento nel paragrafo successivo.
Quarta generazione (2013 – 2015)
La quarta generazione (2013 – 2015) mantenne la sua attenzione sui concept, ponendoli come fondamenti dell’intera immagine del gruppo. I testi diventarono più concreti, più veri e personali: il messaggio che la canzone voleva mandare, insieme all’immagine del gruppo, erano essenziali nella comunicazione con i fan.
Nacquero in questi anni i BTS: il gruppo di punta del K-Pop da qualche anno a questa parte. Fu questa la generazione delle donne: se la sperimentazione e ricerca della propria identità avvenne prima per i gruppi maschili, per quelli femminili si dovette aspettare il 2013. Il due concept più in voga fra essi, quello sexy e quello cute, vennero buttati giù da gruppi come Red Velvet e EXID che mostrarono qualità e musicalità diverse ed originali: originali, divertenti e controcorrente. Un altro esempio, della generazione successiva, sono le Dreamcatcher: gruppo femminile con un concept prettamente oscuro e un sound richiama il rock ed il metal.
L’ultima generazione
L’ultima generazione (2016 – presente) della storia del K-Pop, è quella che potremo definire più social: essi diventano i mezzi attraverso i quali le agenzie pubblicizzano e promuovono i propri gruppi e gli artisti comunicano con i fan giornalmente. Fra Twitter, Instagram e piattaforme utilizzate prettamente per comunicare con i fan o per pubblicare propri contenuti video, come VLIVE, gli artisti coreani sono sempre online.
Ma i gruppi non diventano solamente più social ma anche più multietnici: gli NCT ne sono un esempio essendo un gruppo composto da 23 ragazzi provenienti da diverse parti del globo come Cina, Tailandia e Canada. Il singolo artista, anche in un gruppo di 23 membri, diventa centrale; non si vende più il gruppo ma anche il singolo.
Gli Idol non sono più solamente cantanti e ballerini: sono anche attori, modelli, conduttori e produttori musicali. I singoli possono splendere in programmi simili ai nostri X-Factor e Amici, che approdano anche in Corea del Sud: mesi di addestramento sotto lo sguardo critico e attendo dei telespettatori, alla fine dei quali solo alcuni riusciranno ad entrare nel gruppo finale e poter così far avverare il proprio sogno.
Creazione di un gruppo K-Pop e la strategia dei concept
Non solo nell’ambito strettamente musicale, ma anche in quello comunicativo e di formazione, l’industria K-Pop mette in atto lunghi processi di fabbricazione. L’immagine di un gruppo o solista K-Pop non viene decisa liberamente dagli artisti stessi: sono il CEO ed il team creativo, raramente gli Idol, a decidere quale sarà l’immagine che porteranno sul palco. Da notare è che l’immagine non rimane la stessa per l’intera carriera artistica, ma si evolve e cambia nel tempo.
Una strategia tipica del K-Pop è l’utilizzo di un concept, un concetto o idea (una stagione, un lavoro, un sentimento, un luogo, un periodo storico etc.) che influenza l’intero album e le esibizioni: in base all’idea scelta, gli artisti porteranno sul palco una diversa sonorità, un diverso stile di danza e vestiario. Esistono centinaia di prodotti musicali che utilizzano questo metodo, essendo una pratica usata ormai da tantissimi anni.
Gli SHINee lo utilizzarono nel 2016 con l’album “1 of 1”, ritornando sulle scene con un concept tutto retro: dalle foto promozionali, al video musicale per concludere con il sound generale dell’album.
Un altro esempio sono gli ASTRO che nel 2016-2017 pubblicarono ben quattro album sulle stagioni: ogni album porta con sé sound, colori e scelte stilistiche diverse, in base alla stagione trattata. Non si possono non nominare i VIXX, Re dei concept: iconici i loro album con tematiche horror come “Voodoo” (2013) e “Hades” (2016).
I concept non sono universali, cambiano in base al genere del gruppo: è raro vedere un gruppo maschile proporre un concept “femminile” e viceversa. A differenza dei gruppi maschili, i gruppi femminili hanno sempre sofferto la carenza di originalità nei loro concept e solo da qualche anno, come già detto, stanno acquistando la libertà di poter provare nuove sonorità e stili. L’utilizzo di essi, infatti, dà la possibilità di poter sperimentare diversi generi e poter portare sul palcoscenico sempre un’idea diversa, comunicando qualcosa di nuovo, grazie anche alla preparazione data agli artisti.
A differenza dell’industria occidentale, i coreani non possono diventare Idol senza prima aver affrontato anni di allenamento: vengono addestrati nel canto, rap, danza, portamento e lingue straniere. Solo dopo aver passato mensilmente i vari esami ed essere pronti per il debutto, possono firmare il contratto e diventare ufficialmente parte di un gruppo o solisti. Devono essere “completi” e pronti per il mondo dello spettacolo.
Tutte le spese delle lezioni, del vitto e dell’alloggio, non sono pagate dai tirocinanti stessi, ma dall’agenzia che investe su di loro. I soldi vengono ripagati dopo il debutto grazie ai guadagni fatturati. Gli artisti K-Pop iniziano a vedere dei veri e propri guadagni solamente dopo aver ripagato tutto.
Unendo grandi abilità alla libertà artistica e di comunicazione, gli artisti K-Pop propongono sul palcoscenico esibizioni fortemente artistiche e creative. Le cerimonie di premiazione di fine anno ne sono un esempio: grandi palcoscenici, luci, vestiti su misura, coreografie più complesse e perché no, più di 100 ballerini o una banda. È proprio sul palco dove gli Idol splendono: è qui dove riescono a dare il meglio di sé e a mostrare le loro abilità canore e di ballerini.
Conclusioni sulla storia del K-Pop
Che il K-Pop sia fasullo o attentamente costruito, il debutto del famoso trio segnò l’inizio di quello che oggi è uno dei generi più in voga fra i giovani e che sta ricevendo vari riconoscimenti e scalando le classifiche mondiali, del calibro di Billboard, iTunes e la piattaforma di streaming Spotify. Non deve sconvolgere sapere che fra gli album più venduti nel mondo nel 2019 e 2020 ci sono due album K-Pop del gruppo coreano BTS. Valanghe di record e riconoscimenti anche per gruppi come BLACKPINK, SuperM e TWICE.
Sono varie le innovazioni e le strategie che quest’industria propone e mette in atto, così tante che servirebbe scrivere un libro per poterle spiegare senza tralasciare nessun dettaglio. Reclutamento, addestramento, contratti, produzione, differenze di genere, concept, comunicazione e i fan: l’industria del K-Pop è un mondo a sé stante ed è tutt’altro che banale.
A cura di Anna Turco
Canzoni per iniziare
- Girls’ Generation – The Boys
- SHINee – Everybody
- Red Velvet – Russian Roulette
- BTS – Blood, Sweat & Tears
- Dreamcatcher – Deja Vu
Per approfondire la Storia del K-Pop
- Fuhr Michael, Globalization and Popular Music in South Korea, Routledge, London, 2015.
- Lie John, K-Pop: popular music, cultural amnesia, and economic innovation in South Korea, University of California Press, Berkeley, 2015.
- The Korea Society, The History of K-Pop, video, Agosto 2018, https://www.koreasociety.org/artsculture/item/1189-the-history-of-kpop, 6 luglio 2019.
- Leung Sarah , Catching the K-Pop Wave: Globality in the Production, Distribution, and Consumption of South Korean Popular Music, Vassar College Libraries, Poughkeepsie, 2012.
- Park Gilsung, Manufacturing Creativity: Production, Performance, and Dissemination of K-pop, in “Korean Journal”, 53, 4, 2013, pp. 14-33.