Style Council: tradimento, resurrezione, o…

Dopo aver incontrato Paul Weller sono stato colto da mille domande. E da milleuno dubbi. Solista, JAM o STYLE COUNCIL? Di getto, quest’ultimi. L’ho già detto. E il motivo non sono nemmeno quale sia. Perché li ho visti dal vivo? Forse. Perchè in quegli anni stavo molto meglio di adesso? Può darsi. Sia come sia, la musica degli STYLE COUNCIL ha riempito molte delle mie giornate. E delle giornate di quanti si rifiutavano di passare alla storia come paninari. Molto meglio le pose di Weller e Talbot, con i loro blazer three botton, le loro camice e le loro cravatte. Elegantissimi. Ricercatissimi, nel vestire come nelle scelte musicali. Un altro mondo. Migliore, senza tema di smentita, di quello che stazionava davanti alle vetrine dove campeggiavano quelle EMME gigantesche.

Gli Style Council entrano improvvisamente nell’immaginario collettivo di inizio anni 80, debuttando con il mini-LP intitolato Introducing The Style Council. L’ascolto di quel lavoro provoca sentimenti contrastanti. In molti lo considerano un voltafaccia, avvenuto all’indomani dello scioglimento dei JAM.

Ma il primo album vero e proprio del gruppo, Café Bleu, viene pubblicato nel 1984 e riscuote un buon successo di pubblico e di critica. Contiene uno dei brani più famosi del gruppo, You’re the Best Thing. Trattasi di un vero e proprio manifesto del nuovo corso e “Café Bleu” è un album che già dalla copertina fa intuire il nuovo corso. I due musicisti si aggirano fra i tavolini di un locale parigino come intellettuali esistenzialisti. Un bel salto rispetto al punk e ai pub dove l’entusiasmo degenera regolarmente in rissa!

La svolta non è pura follia: Weller, è cresciuto ascoltando i dischi della Motown e ballando il Northern soul nelle discoteche. Fulminato dal punk, non ha lesinato cover e citazioni soul sui dischi dei suoi JAM, ma qui si va oltre. Si tenta, con successo, di scrivere una nuova pagina della storia della musica inglese, innegabilmente influenzata dalla cultura black. Senza sofismi di sorta. Anzi! Tentando, con successo, di far breccia nel grande pubblico. Basta ascoltare la splendida “My Ever Changing Moods”. La sua melodia potrebbe essere eseguita da un George Michael qualunque. Ma nessuno la canta meglio di Paul Weller!

L’eleganza della musica si sposa allo stile nel vestire. La copertina riporta una citazione di Jean Paul Marat e note firmate da Paul con lo pseudonimo “The Cappuccino Kid”: gli Style Council si propongono come i capofila del filone “new cool”, che comprende artisti quali Sade, Matt Bianco, Working Week, Everything But The Girl.

Talbot e Weller non si limitano a proporre un genere in modo calligrafico, ma offrono una miscela affascinante di influenze, dalle atmosfere care alla Blue Note ai profumi latino americani. Si presentano come gruppo aperto, gli STYLE COUNCIL. Da TRACEY THORN al sassofonista BILLY CHAPMAN, dal bassista CHRIS BOSTOCK alla vocalist nera D.C. LEE, futura moglie di Paul.

Dopo questo lavoro, Weller aderisce al collettivo “Red Wedge” in sostegno ai lavoratori in difficoltà per colpa delle politiche della Thatcher. Il successo di Café Bleu non può rimanere isolato. Infatti viene bissato un anno dopo con “Our Favorite Shop” . Un’accoppiata di singoli trascinanti, “Walls Come Tumbling Down” e “Shout to The Top” – garantisce il sicuro impatto sul pubblico. Ma ciò che caratterizza maggiormente questo secondo album sono le ballate che portano i titoli di “Boy Who Cried Wolf” , di “The Lodgers”, di “Homebreakers“.

Con questo album viene perfezionata la formula di Café Bleu, aggiungendo un tocco di raffinatezza in più. Il gruppo cavalca subito il successo pubblicando Home And Abroad: Live!, album dal vivo che ottiene un buon riscontro di vendite.

Il 1987 è l’anno di The Cost Of Loving, disco mediocre, di cui non mi va di parlare. Anzi, preferirei finire qui. Ricordando solo i momenti esaltanti della carriera degli STYLE COUNCIL, evitando di intristirmi con il ricordo di lavori ben al di sotto della media welleriana. Ritornerà alta, questa media, altissima. Però solo con album che pubblicherà negli anni 90, da solista e proponendo altra musica. Eccitante, veramente eccitante. Che nulla a che vedere con quel pensoso e penoso jazzetto proposto negli ultimi anni dell’esperienza STYLE COUNCIL.

Inevitabile lo scioglimento di li a poco. E l’inizio di una nuova sfolgorante carriera del modfather, l’unico ed inimitabile PAUL WELLER.

Vittorio