Il Teatro Sociale di Rovigo: storia dell’incendio del 1902

Teatro Sociale Rovigo storia con foto d’epoca di R. Coronaro tratta da un articolo di Alvise Manfroni sull’incendio del 1902 del Teatro Sociale di Rovigo apparso sulla rivista Musica e Musicisti nell’ottobre 1904…

Musica e Musicisti, Ottobre 1904

Musica e Musicisti, Ottobre 1904

Riporto l’articolo integrale tratto dalla rivista “Musica e Musicisti”, Gazzetta Musicale di Milano, ed. Ricordi, del 10 ottobre 1904 sperando faccia piacere a molti leggere la storia del Teatro Sociale di Rovigo nel periodo in cui è stato distrutto da un incendio e poi ricostruito e vederne alcune storiche immagini.

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Fotografie di R. Coronaro – Rovigo

La notte fatale

Al fuoco! Al fuoco! Questo sinistro grido cupamente echeggiava per le silenti vie di Rovigo nella notte dal 22 al 23 gennaio 1902. Abbrucia il teatro! E tutti i cittadini svegliati bruscamente accorrevano a portare l’opera loro per evitare l’immane sciagura. Ma il rapido progresso delle fiamme dal palcoscenico si era comunicato ai palchi della sala e non rimaneva altro che isolare la parte del fabbricato non ancora tocca dall’incendio. Fu subito interrotta la tubazione del gas ed intanto il campanone di piazza suonava l’allarme.
Era una scena spaventevole: pompieri, soldati, cittadini tutti s’adoperavano ad isolare il corpo avanzato dell’edificio, comprendente l’atrio, il caffè ed i locali del Casino Sociale, perché oramai il teatro era tutto invaso dalle fiamme e qualche ora dopo del vecchio edificio non esistevano che mura corrose e screpolate dalle fiamme (1): l’isolamento era riescito e la parte anteriore del teatro era stata salvata.
Le cause dell’incendio?
Molte sono le ipotesi e la verità non la si saprà mai: chi attribuisce l’immane disastro a dolo, altri all’eccessivo riscaldamento dei caloriferi messi in azione da pochi giorni.

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La storia del Teatro Sociale di Rovigo

Non sarà discaro ai lettori ricordare loro brevemente la storia del Teatro Sociale di Rovigo.

Era uno dei monumenti più pregevoli della città, ed era opera egregia dell’architetto Sante Baseggio e del pittore Nicolò Pellandi; fu costruito nel 1818 ad iniziativa e spese di una Società privata. Questo teatro aveva una grande rinomanza non solo per la purezza delle linee, per l’eleganza delle decorazioni, per tutti il suo insieme veramente bello ed artistico, ma per gli spettacoli grandiosi che vi furono rappresentati. Dal 1819 alla data fatale del gennaio 1902 tutte le opere più insigni, tutti gli artisti più celebri illustrarono il suo palcoscenico. Nel 1858 fu restaurato dal commendatore Gobbatti, uno dei suoi più benemeriti presidenti (2). Era costato circa settecentomilalire ed all’epoca dell’incendio era assicurato per L. 164.900. Nei restauri del 1856-1857 erano state spese circa centomila lire.

Stagioni fortunate del Teatro Sociale di Rovigo

Il Teatro Sociale ha avuto delle stagioni fortunate ed importanti dal lato artistico. Dopo i restauri fu riaperto nel mese di ottobre del 1858 con un eccezionale spettacolo: Giovanna de Gusman, Favorita, Trovatore, con i seguenti artisti: Augusta Albertini Boucardé, Gaetanina Brambilla, tenore Carlo Boucardé, baritono Giraldoni; e i balli Il Giuocatore e I Bianchi e i Neri.
Nel 1874 Francesco Tamagno ha cantato nel Roberto il Diavolo e questo – se non erro – fu uno fra i primi teatri in cui si presentò l’ora celebre tenore.
Nel 1880 il Guarany col tenore Franco Cardinali; nel 1881 Mefistofele con la soprano Luisa Vanda Müller e tenore Eugenio Mozzi. Nel 1890 Faust con Emma Zilli e Franco Cardinali; nel 1891 Carmen e Cavalleria Rusticana con Alice Del Buono e tenore Giuseppe Rusitano; nel 1893 Lohengrin e Ruy Blas con Emilia Corsi; nel 1894 Manon di Massenet, Cavalleria Rusticana e Pagliacci con Lina Pasini; nel 1895 Ugonotti con Luisa Gilboni e Giovanni Masin nel 1896 Manon Lescaut di Puccini con Maddalena Ticci e Vincenzo Coppola; nel 1897 Otello con Maria Fiori-Gregnanin e Orazio Cosentino; nel 1900 Andrea Chénier con Delia Bassich e nel 1901 – ultimo anno di vita – Fedora e Carmen con la Luisa Montalcino. La notte dal 22 al 23 gennaio 1902 avvenne la catastrofe.

Il concorso

Pochi giorni dopo l’incendio i palchettisti adunatisi deliberarono che «il teatro venga ricostruito nel più breve termine possibile». Venne nominata una Commissione composta dai signori Giannini ing. Giuseppe, Campo nobile Antonio, Bononi avv. cav. Antonio, Oliva dott. Pietro, Giolo cap. Alberto e De Rossi nob. Agostino, segretario con lo scopo di «presentare alla Società nel più breve termine un progetto tecnico e finanziario per la ricostruzione del teatro».

Il danno dalla Società delle Assicurazioni fu liquidato in lire 80.000, il Comune di Rovigo munificamente concorse per la ricostruzione con lire 50.000 e la Cassa di Risparmio con lire 20.000 e alla metà di aprile 1902 furono invitati vari architetti a presentare dei progetti di ricostruzione su determinato programma. Sette risposero all’invito e fu officiato l’illustre architetto Gaetano Moretti di Milano a dare il suo parere intorno ai progetti.

Avevano concorso: l’ing. Massimiliano Ongaro di Padova; ing. Giovanni Barbiani di Bologna; ing. Daniele Donghi di Milano; ing. Colliva Lorenzo di Bologna; ing. Attilio Muggia di Bologna (non presentato nel termine prescritto); ing. Guido Sullam di Venezia e prof. G. Cecchetto di Bologna.

L’architetto Moretti il 26 ottobre 1902 ha emessa una elaborata relazione nella quale dopo aver esaminati i vari progetti, dichiara che fra tutti emerge «per un complesso di ottime qualità il progetto presentato dall’ingegnere Daniele Donghi di Milano».

«Il progetto Donghi – scrive l’illustre architetto – si rivela a primo colpo come opera di un tecnico assai padrone dell’argomento e la relazione che lo accompagna conferma per intiero una simile impressione. In questo progetto sono egregiamente previste e risolte tutte quelle esigenze tecniche che riguardano la sicurezza e la comodità del pubblico».

Il progetto Donghi portava una spesa di lire 180.000 e fu scelto dalla Società del teatro, sebbene la spesa fosse superiore alla cifra disponibile.

La relazione Moretti aveva inoltre parole di elogio per i progetti Ongaro, Sullam e Colliva.

Daniele Donghi

Non sarà discaro ai lettori se io farò una breve presentazione del vincitore del concorso, servendomi della Guida Marini, Milano Illustrata (3).
Daniele Longhi nacque in Milano il 6 febbraio 1861 da Felice Donghi, distinti pittore, e dalla nobile Costanza Stampa. Si laureò ingegnere a Torino nel 1883 e dopo essere stato undici anni addetto all’Ufficio dei Lavori Pubblici del Municipio di Torino, nel 1890 andò a Padova avendo vinto il concorso di ingegnere capo di quel Comune. Nel 1900 stanco degli impieghi, rassegnò le dimissioni e si stabilì nella sua Milano, via Morigi, 12.
Moltissimi sono i lavori nei quali il Donghi ha speso il suo ingegno, la sua vasta coltura e la sua inesauribile attività. Citerò i più importanti, perché sarebbe troppo lungo enunciarli tutti: per incarico d’ufficio costruì a Torino parecchi edifici scolastici, la grandiosa tettoia del Mercato Bodoni, il Lavatoio di Piazza Nizza; sistemò l’Ospedale di San Lazzaro e la Chiesa di San Rocco; studiò progetti per il teatro Regio, per la Biblioteca Civica, per il Ponte Maria Teresa sul Po.
A Padova costruì le nuove Scuole, la Casa di Ricovero e risolse due gravi questioni cittadine, quella del Cimitero – di cui modificò radicalmente il progetto – per dar agio al Comune di completarlo e quella del Cavalcavia presso la stazione, opera veramente colossale. Sopra suo disegno sorsero il Teatro di Varallo, le Scuole di Rovereto, la Fontana di Bassano Veneto, ecc.; nel 1904 eseguì in Milano dei grandi magazzini di vendita in via Principe Umberto e compilò il progetto per le Scuole Comunali di Bassano (Vicenza). Il Donghi spiega ancora la sua attività in pubblicazioni tecniche, collabora in molti periodici ed è autore di elaborate ed apprezzate relazioni.

Il nuovo Teatro Sociale di Rovigo

Ora il Teatro Sociale è già finito e si prepara ad aprire i suoi battenti per la prossima stagione di fiera. Il teatro si aprirà circa il 12 ottobre con uno spettacolo eccezionale, degno delle tradizioni del vecchio tempio dell’arte: si darà Iris di Mascagni e Traviata di Verdi, con direttore d’orchestra Pietro Mascagni e con interpreti Fausta Labia, tenore Elvino Ventura, baritono Francesco Nicoletti e basso Italo Picchi (4 e 5).
Rovigo va superba ora del suo teatro, perché è un’opera veramente grandiosa, ed è il primo teatro in Italia che sia tutto fabbricato con materiali incombustibili. Qualche tempo addietro si faceva insegnamento sul ferro per ottenere la incombustibilità, ma l’esperienza ha dimostrato che il ferro nudo negli incendi è alle volte più dannoso del legno.

Allora si pensò di sottrarre il metallo alla diretta azione del calore, rivestendolo con sostanze incombustibili o racchiudendolo in involucri di cemento. Fu questa la soluzione che segnò il primo passo verso il calcestruzzo armato. Quando con questo materiale saranno costruiti tutti i solai dei palchi, delle gallerie, dei ballatoi di scena e di ogni altro locale, le scale, la copertura del palcoscenico e le colonnette di sostegno dei palchi e delle gallerie e per le pareti di divisione, per il soffitto della sala, ecc., si impiegherà l’incombustibile gesso – sia armato, o non lo sia – si saranno ottenute le varie parti componenti il teatro perfettamente incombustibili e resistenti al fuoco, sicché se questo si manifestasse in una qualunque di esse, sarebbe obbligato a rimanervi prigioniero. Con tali criteri l’ing. Donghi ha costruito il Sociale di Rovigo.
Il tetto del palcoscenico (m. 14 per 22) è costituito da un grande solaio-terrazzo alle cui sottostanti nervature, o travi, è appesa la graticciata. In esso sono aperti due sfiatatoi con coperchio ed apertura automatica; – anche il teatro di Chicago, da poco distrutto dal fuoco, aveva sfiatatoi di tal genere, ma pare non fossero ultimati e perciò non funzionarono, si dice anche che fossero eccessivamente grandi, tanto che invece di aspirare immettevano aria. I primi ballatoi di scena sono pure di cemento armato. Nel muro di fondo del palcoscenico vi è una sola porta di comunicazione coi locali di retroscena e nei muri laterali due porte di uscita dirette all’esterno. Da ogni ballatoio di scena si passa direttamente, per mezzo di aperture a chiusura automatica, in scale con rampe e tetto incombustibile e poste fuori dei muri di scena; tutti i solai e tetti dei locali di retroscena sono in cemento armato e tutte le tramezze sono di tavelloni di gesso Bruckner.

Da ciò si arguisce come siano resi perfettamente sicuri i locali posteriori alla scienza, e come sia abbastanza pronta e sicura la salvezza degli artisti e del personale di scena.
Lo stesso grado di incombustibilità e di sicurezza ha pure la sala, poiché i muri di perimetro esterni sono di cotto e quelli dei palchi e delle gallerie sono formati di pilastri in calcestruzzo armato e di pareti doppie o semplici di tavelloni Bruckner. Con questi si sono pure costruite tutte le tramezze dei palchi, i cui solai, come anche quelli delle gallerie, sono di calcestruzzo armato, col quale si sono pure formate le colonnette anteriori dei palchi ed i pilastri di sostegno del tetto e delle gallerie (6). Tutti questi lavori in calcestruzzo armato eseguiti in sistema Hennebique dall’ing. G.A. Porcheddu di Torino.

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La copertura della sala, costruita dall’ingegnere Della Carlina di Milano, è invece in ferro e il soffitto è in gesso su armatura metallica (7). Anche le quattro scale della sala hanno le rampe e la copertura in cemento armato e quindi sono perfettamente incombustibile; fra la copertura della scena e quella della sala è interposta una terrazza incombustibile coprente il proscenio; un’altra terrazza è fra il tetto della sala e i locali anteriori dell’edificio (8).

A proposito delle scale, è da notarsi l’uso opportunissimo che l’ing. Donghi ha fatto per le scale principali dette scale doppie o sovrapposte, col quale in una stessa gabbia si ottengono due scale distinte e il raddoppiamento delle uscite ad ogni piano. Parlando di queste scale il Moretto disse che «risolvono assai opportunamente il problema dell’indipendenza fra gli accessi ai palchi di secondo ordine e alla prima galleria, e quello del loggione».

Pure notevole è il sistema adottato per alcune porte di sicurezza, le quali, per non ingombrare né pianerottoli, né corridoi, si arrotolano su rulli verticali.
Come dissi da principio, non esiste alcun teatro in Italia costruito totalmente con tali sistemi, solo la parte anteriore di esso, comprendente il Casino, e fortunatamente salvata, rimane costruita coi vecchi sistemi, ma essa è separata dal teatro propriamente detto dalla terrazza di cui parlai più sopra e da un muro pieno, la cui efficacia fu luminosamente dimostrata nell’incendio avvenuto, perché se il Casino fu risparmiato lo si deve all’esistenza del muro continuo che lo divideva dalla sala.

Altri fattori di sicurezza sono il sipario d’acqua e il funzionamento dei pompieri. Tale sipario si ottiene mediante due serbatoi laterali al proscenio e comunicanti con un tubo, il quale al momento voluto lascia cadere una fitta ed abbondante pioggia. Questa ha per effetto di intercettare le fiamme e il fumo, raffreddare e modificare i gas deleteri e di rassicurare maggiormente il pubblico, che vede opporre al fuoco l’elemento più sicuro, l’acqua. Questo tendone ha solo dei rubinetti, i quali si possono manovrare da vari punti e specialmente dai posti di vedetta dei pompieri, che nel teatro di Rovigo sono a fianco dei palchi di proscenio, dove i pompieri dominano da apposite feritoie, chiuse da doppio vetro, tutta la sala e la scena e in qualunque caso, anche grave, possono agire senza preoccupazioni, perché si trovano in locali aventi pareti, soffitto e pavimento incombustibili e quindi perfettamente sicuri, al riparo dell’invasione di fuoco e fumo e comunicanti direttamente con scale incombustibili. Questi pompieri hanno a loro portata i mezzi di chiamata e di avviso per gli altri pompieri distribuiti sul palco e nella sala, e spetta a loro di far funzionare tanto di sipario di sicurezza, quanto gli aspiratori della scena.
Il teatro è poi munito di lampade di sicurezza ad olio, la maggior parte delle quali sono alimentate da aria esterna, affinché possano rimanere accese anche quando la sala si riempisse di fumo. La sala comprende la platea, due ordini di palchi, una prima galleria e un anfiteatro superiore (9).

La platea si può ridurre ad arena per rappresentazioni equestri e l’arena avrebbe un diametro di m. 10.70. vi sono 39 palchi (10) e il teatro può contenere 1200 persone tutte sedute: in caso di incendio o di panico vi sono 23 porte d’uscita nei muri perimetrali.

In platea, davanti alla porta, in modo da impedire la corrente d’aria che si manifesta di solito fra la porta d’entrata e il palcoscenico, e per sdoppiare l’accesso alla platea, sorge un piccolo anfiteatro sul tipo di quello dell’Opéra di Parigi e che è nuovo per i teatri nostri: anfiteatro capace di 43 posti (11). La platea è a ferro di cavallo e il palcoscenico amplissimo è stato costruito dalla Ditta Ansaldo di Milano, capo macchinista del Teatro alla Scala. L’orchestra è su due piani più bassi del pavimento per nasconderla alla vista del pubblico: è in parte incassata sotto il palcoscenico, non solo per guadagnare spazio alla platea, ma per ragioni acustiche, per rispetto alle quali si è pure tenuto piano il soffitto della sala (12).

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L’architetto Donghi colla costruzione del Teatro Sociale di Rovigo ha risolto un grande problema e cioè di costruire con poca spesa un teatro moderno, sicuro, incombustibile, adottando naturalmente i sistemi costruttivi che portano a questa possibilità: calcestruzzo armato, tavelloni di gesso, soffitto di gesso armato. – Il Teatro di Rovigo per la ricostruzione è costato circa lire 180.000 e facendo il calcolo che può contenere 1200 persone sedute, viene quindi a costare 150 lire per posto, mentre per un teatro nuovo si calcola in generale un minimo di spesa di lire cinquecento per posto.
Qualcuno potrà osservare che nella spesa totale non è compresa la facciata, ma siccome la ricostruzione va considerata nel senso che i benefici che si sono ottenuti dalla conservazione di certe parti sono stati distrutti dalle opere di demolizione, di successiva ricostruzione e di sistemazione che importano sempre una spesa rilevante, così tale spesa si può ritenere come quella che sarebbe occorsa per una costruzione nuova. Ed anche ammettendo che la facciata (13) fosse costata 20.000 lire, questa spesa sarebbe compensata dalle spese speciali per motori e dinamo e per l’impianto d’acqua importanti più di 22.000 lire, spese che in altre città provviste d’acqua potabile e di impianti elettrici non sarebbero state necessarie e che quindi dovrebbero dedursi dalla spesa totale.
Ecco a rapidi cenni i lavori che hanno ridato il nuovo tempio dell’arte alla città di Rovigo.
Prima di chiudere, a titolo di onore devo ricordare il principale collaboratore dell’ingegnere Donghi, il signor Agostino Primo Miozzo di Padova, al quale fu affidata l’impresa generale di costruzione. Il signor Miozzo, buono e bravo quanto modesto, nella direzione dei lavori versò tutta la sua anima appassionata di costruttore intelligente e a me fu largo di consigli in questo modesto mio lavoro.

La decorazione

La decorazione del teatro è semplice ed elegante ed è ottenuta principalmente con mezzi pittorici. Il pittore è il prof. Giovanni Vianello di Padova, un giovane artista che ha già un buon nome in arte, che fu efficacemente coadiuvato nella ornamentazione dal signor Giovanni Biasin di Rovigo.
Nella parte centrale del soffitto (14) l’artista ha rappresentate, come una visione in un effetto crepuscolare, le nuove muse che vari putti inseguono e coronano. Nei parapetti dei palchi del primo ordine il Vianello ha dipinti, alternati con gli attributi della musica, poesia, commedia, otto ritratti di uomini celebri: Goldoni, Metastasio, Alfieri, Donizetti, Verdi, Rossini, Bellini e Mercadante.

L’illuminazione

Dall’illuminazione a gas si è passati a quella a luce elettrica e l’impianto fu fatto dall’ingegnere Pietro Ramponi di Bologna della Allgemeine Elektricitats Gessellschaft di Berlino. Esso comprende due dinamo a corrente continua del tipo E.G. 200 capaci di sviluppare 200 Ampères alla tensione di 115 Volts ognuna; dette dinamo sono azionate da due motori a gasluce della forza di 32 HP ciascuno, forniti dalla ditta John M. Sumner C. di Manchester. Nella sala vi sono 243 lampadine da 10 candele ognuna: 125 sul soffitto a gruppi da cinque ognuna e in corrispondenza di ogni palco e spartiti nella prima galleria trovansi un certo numero di rosoni con due lampade ciascuno per un complessivo numero di 120 lam pade. Cento sono distribuite nei corridoi da 5, 10, 16 candele. Due lampade ad arco nell’ingresso da 10 Ampères ognuna. L’orchestra è illuminata con 35 lampade da 5 candele applicate per ogni leggio. Sul palcoscenico vi sono 12 cantinelle con 72 lampade da 16; 9 bilancie con 180 da 16; la ribalta è illuminata con 36 lampade da 16; vi si trovano inoltre 6 bocche di presa per alimentare un proiettore da 12 Ampères e due padelloni con 10 lampade da 16. Fra camerini e corridoi del palcoscenico vi sono 60 lampadine da 5, 10, 16. Totale 748 lampade ad incandescenza e due ad arco. Sul palcoscenico si trova il quadro di distribuzione; da questo partono tutti i circuiti che forniscono la corrente per tutto l’impianto, ad esso vi sono pure applicate sette resistenze a liquidi, costruite dalla Ditta, per la regolazione della luce degli apparecchi scenici e della sala.

Il riscaldamento. – L’addobbo

L’architetto per riscaldare il teatro ha scelto il sistema di riscaldamento a vapore a bassa pressione, come uno dei più sicuri. L’impianto fu eseguito dalla rinomata Ditta Kcerting di Milano.

Gli addobbi dei palchi, gallerie e platea furono fatti dalle Ditte rodigine Voghera e Ferrato, quest’ultima ha eseguito inoltre il velario di velluto; i lavori in ferro battuto furono fatti dalla Ditta Merlin e Rossi di Rovigo e quelli per la distribuzione d’acqua dal meccanico Marconato di Padova, le poltrone dal Galtarossa, pure di Padova.

Il sipario del Teatro Sociale di Rovigo

Il teatro oltre ad un velario di velluto ricchissimo, è fornito di un sipario eseguito dal prof. G. Cecchetto, uno dei concorrenti alla ricostruzione del teatro (15). Il sipario, a trittico, è ardito e si stacca alquanto dalle decorazioni languide della sala e del soffitto, ma i suoi effetti calcolati alla luce elettrica non discordano affatto con le altre decorazioni.
***
Arrivato alla fine del mio breve lavoro, esprimo il vivo augurio che il nuovo tempio dell’Arte continui le tradizioni gloriose del teatro distrutto.

Rovigo, Settembre 1904.

Alvise Manfroni

Conclusioni

Pubblicando questo articolo sul Teatro Sociale di Rovigo voglio anche ricordare una persona a me molto cara Roberto Reali, mio collega e Maestro nell’ufficio grafico de La Repubblica Veneta, che mi portò a conoscenza di questa rivista (ritrovata dal rodigino Lucio Verza) quando ne fu pubblicato un articolo per il mensile “La Repubblica Veneta” nel gennaio 1999. L’articolo era di Roberta Reali che ha anche partecipato alla redazione di un libro per Marsilio Editori che si intitola “Il Teatro Sociale di Rovigo, 1819-2003” di Sergio Garbato il quale ne traccia approfonditamente tutta la storia. Buona lettura.

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