Luca Vagnini pubblica il suo secondo lavoro dal titolo L’Invisibile. Un disco pieno di passione e che fa bene al cuore…
Di questo nuovo disco restiamo su un limbo che fa bene al cuore e alla passione… forse fa meno bene a chi della critica fa un saccente mestiere o ci si avvicina solo per luci di scena. Insomma: Luca Vagnini pubblica questo secondo lavoro dal titolo L’Invisibile e noi ci mettiamo all’ascolto. Sono 10 tracce che si presentano con un andamento latineggiando di “Milonghe” (con le dovute traduzioni del caso) in uno scenario elettronico e percussivo di sano pop italiano. Tutto questo in un brano d’apertura come Non solo di notte… e poi ancora subito trascinante l’elettronica a dipingere gli arrangiamenti di La mia vita non ha prezzo. E a seguire, quando suona uno strumentale come Original sfido chiunque a non tornare indietro con la memoria alle vecchie sigle di “Il pranzo è servito” (ovviamente in chiave moderna…).
Si arriva dunque al momento davvero d’autore del disco con “Come un attore” e “Il Fanciullino” in cui il testo si lascia cullare da ondulanti melodie da ballad italiane. Il video di lancio è affidato al singolo “La regina dei miei sogni” che sicuramente è l’apice di questo disco ma che sulle prime ci richiama alla mente il famoso brano di Goran Kuzminac dal titolo “Ehi ci stai”.
Personalmente però il vero gioiellino di questo lavoro lo trovo in chiusura quando c’è solo un combo d’archi a cullare le pieghe di un brano dal testo carezzevole e delicato, ispirato d’amore e di serenità… si intitola “Un angelo per sempre” e alla fine dei conti mette a nudo quelle che sono i pregi e i difetti di questo cantautore marchigiano. Un disco fresco, ingenuo certamente ma ricco di una trasparenza legata alle opere molto ispirate, forse volute con troppo impeto e di fretta…di contro non è esaltante la produzione che manca di quel suono pregiato e di un mix di livello che andrebbe soltanto a colorare il tutto con grande fascino e gusto.
La timbrica vocale di Vagnini, quella di un eterno ragazzino dal sottile suono che ricorda Ivan Graziani, di suo ci porta sempre ad atmosfere bambinesche e in alcuni tratti si sente forte il retrogusto di quelle belle sigle di cartoni animati che hanno fatto storia.
Ma Luca Vagnini resta al centro di tutto questo e non prende posizione: un disco infantile o un disco maturo? Un disco di un uomo o un disco di un ragazzino? Sembra non sia chiaro… sembra non volersi schierare… ecco, torno a ripetere, che una produzione di carattere avrebbe aiutato tutto questo limbo che, per riprendere il filo iniziale di questo discorso, se fa bene alla fantasia e al cuore di chi ascolta, fa male alla saccente posizione didattica di chi è chiamato a fare critica.