Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con i The Blind Monkeys, band di Milano che ha di recente pubblicato il suo primo album dal titolo Argini, un disco rock di quelli vecchia scuola che non può che non diventare la colonna sonora di un inverno che si preannuncia senza concerti. Ecco cosa ci hanno raccontato a riguardo!
Ciao Blind Monkeys, ci parlate del significato che ha per voi la parola argine?
L’argine per noi può racchiudere l’estremo, il limite, il confine. Quando l’argine crolla qualcosa si libera, qualcosa ci travolge e spesso è più grande di noi, completamente sconosciuto. Passiamo la nostra vita a temere gli argini, a sperare di reggere, di sopravvivere alla tensione. Un giorno però, nonostante pensassimo che quel crollo fosse insopportabile, irrecuperabile, ci troviamo al di là di quel fiume, di quel limite. Il suo scorrere non è più minaccioso, o almeno non lo è così tanto. Capiamo che che quell’argine è esistito perché ci confrontassimo, perché ci accettassimo e lo accettassimo. Solo così ci siamo potuti rinnovare, solo così abbiamo potuto procedere oltre.
In che modo gli “argini” ci definiscono?
Forse gli argini possono definirci come limite, oppure come traguardo, come limite che ci schiaccia, o come successo conseguito.
Come si sono formati i The Blind Monkeys? Litigate mai tra di voi? Per cosa?
Eravamo giovani ancora, chi se lo ricorda più? Una serie casuale di coincidenze – sfortunate dice qualcuno- ci ha portato pian piano a definire questa formazione e a iniziare a comporre, il resto per ora è quasi tutto in Argini. Litighiamo certamente e per fortuna, probabilmente è una cosa positiva poter esprimere tutto ciò che rimane non detto, con qualche scusa, già che si sta discutendo. La domanda più adatta forse sarebbe per cosa non litighiamo.
Esiste ancora una scena rock in Italia, chi ne fa parte?
Non so quanto abbia senso parlare di una scena rock, quello che è certo è che quel prosperoso periodo della musica continua a riverberare nel mondo attuale, dalla moda alla politica, alla musica. Quasi l’interezza dei gruppi musicali di piccola taglia in qualche modo suona rock, nonostante non produca un enorme reddito per l’industria musicale. Vasco da solo poi vale tutto il resto del mercato.
Siamo nuovi di Milano, dove ci portate?
Al Café Popolare, da Gianni, a vedere il Duomo di notte camminando per le vie del centro vuote e al Boscoincittà, un parco di periferia, magari in una nebbiosa sera invernale.
Ci lasciate con una playlist di cinque brani che vi rappresentano?
Bisognerebbe capire quale nostro momento rappresentano. Si cambia e la musica che ci accompagna con noi. Proviamo a scavare nelle nostre origini: Time dei Pink Floyd, Going to California dei Led Zeppelin, Close to the Edge degli Yes, Pull me under dei Dream Theatre e Dr Funk dei The Main Squeeze.
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